Archivio per l'etichetta ‘Tangentopoli

Non c’è una riforma costituzionale capace di rendere gli elettori e gli eletti onesti …   7 comments

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Servono davvero queste riforme?

di Luca Billi
Sabato, 10 Dicembre 2016

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Faccio politica, più o meno intensamente, dalla fine degli anni Ottanta, per un periodo è stata anche il mio lavoro. Ebbene in questi quasi trent’anni il tema della necessità delle riforme è stata una costante, una sorta di mantra della politica italiana. Certo se ne parlava anche prima, forse qualcuno di voi ricorderà la Commissione bicamerale della prima metà degli anni Ottanta presieduta dall’on. Bozzi, liberale, con la sua bella barba risorgimentale e l’eloquio forbito – leggendo la descrizione dello zio di molto riguardo fatta da Gozzano ho sempre pensato a lui – però è con la fine di quel decennio che il tema si è definitivamente imposto. In questi quasi trent’anni abbiamo fatto altre due Bicamerali, abbiamo cambiato diverse volte la legge elettorale, abbiamo sempre avuto un ministro dedicato a questo tema – per un periodo, ça va sans dire, è stato Bossi – abbiamo introdotto l’elezione diretta dei sindaci, dei presidenti delle Province e delle Regioni, abbiamo fatto perfino due “grandi” riforme della Costituzione, per fortuna entrambe bocciate dagli elettori. Anch’io, quando facevo un altro mestiere, tante volte ho ribadito la necessità delle riforme, perché quella era la linea del mio partito, linea che condividevo, senza dubbio. E anche oggi, passato il 4 dicembre, tanti, sia tra quelli che hanno votato sì che tra quelli che hanno votato NO, dicono che occorre riprendere il cammino delle riforme.

E se non fosse vero? E se queste benedette riforme non fossero necessarie?

Sono sempre più convinto che questo tema sia un’illusione e per molti versi un alibi. Questo paese non ha affatto bisogno di riforme istituzionali: la Costituzione c’è e funziona bene, magari dovremmo sistemare le mezze riforme pasticciate che abbiamo fatto in questi anni, penso in particolare alla confusione che abbiamo fatto sul Titolo V. Abbiamo certamente bisogno di una legge elettorale rappresentativa, personalmente penso che dovremmo tornare al proporzionale, perché è il sistema che meglio si adatta all’impianto della nostra Costituzione, oppure potremmo tentare il doppio turno alla francese. Penso che sarebbe meglio tornare alla vecchia legge per l’elezione dei sindaci e che dovremmo rifare le Province – magari abolendo le Regioni, se proprio vogliamo abolire qualcosa. In sostanza penso che l’unica riforma davvero necessaria sarebbe quella di fare un passo indietro e decidere, una volta per tutte, che le riforme non servono.

Mi direte: facemmo quelle riforme perché tutti concordavamo che le istituzioni funzionavano male. E’ vero, funzionavano male trent’anni fa, esattamente come funzionano male adesso dopo questi sei lustri di riforme – anzi forse adesso funzionano pure peggio – perché il problema non è che l’auto ha dei problemi, siamo noi che non sappiamo guidarla.

La necessità di fare le riforme si è imposta con tutta evidenza all’indomani di quella stagione che abbiamo cominciato a chiamare Tangentopoli, e, proprio a causa di quegli eventi, la fretta, che è sempre cattiva consigliera, ci spinse all’introduzione del maggioritario e all’elezione diretta dei sindaci. Perché ci eravamo convinti – e ci avevano convinto – che quella disonestà diffusa in maniera così pervasiva nelle istituzioni fosse colpa delle regole che mancavano. Invece le regole c’erano, c’erano sempre state, erano i politici che non le rispettavano e noi cittadini che non le facevamo rispettare, perché comunque traevamo un qualche vantaggio dalla loro disonestà. E lo stesso avviene adesso, se i nostri rappresentanti sono disonesti è perché noi, per viltà, ma più spesso per connivenza, preferiamo chiudere entrambi gli occhi, sperando che qualche briciola del bottino cada per terra, per raccoglierla con destrezza, fregando gli altri.

Non c’è una riforma costituzionale capace di trasformare le persone, di rendere gli elettori e gli eletti onesti, non c’è una riforma costituzionale che ci costringa a rispettare le istituzioni. Non c’è una riforma costituzionale capace di sostituire l’etica, così come non c’è una riforma capace di sostituire la politica. Così ad esempio, per venire alla mia parte, se la sinistra in Italia è diventata quello che è diventata non è colpa delle mancate riforme, come qualcuno ancora pensa, ma semplicemente perché molti di noi hanno precise responsabilità e abbiamo dimenticato principi e valori o, pur ricordandoli, non li abbiamo saputi e voluti applicare.

Le regole sono ovviamente fondamentali, non avrebbe avuto senso la nostra battaglia per il NO e per la difesa della Costituzione se non pensassi che queste servono e regole migliori servono a migliorare una società. Ma basta illuderci che le regole da sole cambino il mondo. O cambino noi stessi. Quello è il compito della politica.

Fonte: https://alganews.wordpress.com/2016/12/10/servono-davvero-queste-riforme/

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Il sole sorgerà anche domani   4 comments

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L’EDITORIALE. LETTERA A MIA FIGLIA SUL REFERENDUM

di Lucio Giordano
03 Dicembre 2016

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Caro, immenso amore di papà,

te lo dico subito: non è questo il mondo che sognavo per te quando eri piccola, di quando cioè ti addormentavi tra le mia braccia, perché riuscivi a dormire solo con me o con la mamma, con quella canzoncina che ti piaceva tanto. Di quando ti cambiavo il pannolino e intanto ti facevo il solletico sotto le ascelle, di quando mi venisti a prendere alla stazione dopo un festival di Cannes lungo due settimane e mi corresti incontro  con le manine alzate dicendomi di non partire più per così tanto tempo. No, non era questo il patto per farti vivere serena, all’alba del terzo millennio che ancora non si preannunciava così cupo.

Domani voterai per il referendum, il tuo primo voto importante. So già come voterai. O meglio, come sei intenzionata a votare. Ci sei arrivata dopo una lunga riflessione, anche se la confusione politica è tale che per una ragazza, maggiorenne da non molto, deve essere davvero   complicato destreggiarsi tra articoli di riforma costituzionale oscuri e mal scritti e dopo l’ordalia di una campagna referendaria piena di incomprensibili colpi bassi.

E’ un casino, lo so, piccola mia. Giorni fa mi hai chiesto di spiegarti la politica di questi ultimi anni  e ho provato a farlo, senza influenzarti troppo,  perché  conosci come la penso: ognuno deve ragionare con la propria testa dopo aver analizzato le cose, senza condizionamenti.   E ti ho raccontato del referendum costituzionale del 46, della Dc, del Pci, dell’assassinio di Aldo Moro, di Tangentopoli, di Berlusconi. Via via fino agli ultimi 10 anni, quelli più oscuri,  nei quali tutto è cambiato rapidamente. E non capivi bene, perché a scuola la storia contemporanea viene insegnata poco e male.

Gli ultimi tre anni. E lì ti girava la testa, immagino. I 5 stelle primo partito nelle politiche del 2013, ma che non governano, la coalizione Bersani Sel che vince ma non governa. E Forza Italia,  Letta, l’attuale governo, il Pd che con Renzi diventa un partito di destra, appoggiato da banche, imprenditori, finanza. E che  fa politiche di destra .  Siamo stati 4 ore a parlare di politica. Che poi mi viene da ridere. Perché, a differenza mia, non ti ha mai appassionato troppo e  anzi mi prendevi in giro quando eravamo tu ed io in casa, perché mamma non c’era più, e guardando Ballarò parlavo da solo con la tv, imprecando contro Berlusconi.

Tu, persona lineare, trasparente, con un profondo senso della giustizia, ad esempio non capivi   perché a Bersani non fosse stato consentito di formare un esecutivo.  Lo trovavi ingiusto. Ha vinto lui, ed era lui che doveva andare al governo. Hai ragione: logico, naturale. Poi siamo passati a parlare del referendum, dell’ Italicum  e hai esclamato indignata:   democrazia è quella cosa  che vince chi ha ottenuto più voti,  ma anche le minoranze devono essere rappresentate adeguatamente. Ed è proprio su questo che ci siamo messi a parlare più a lungo. Sulla riforma costituzionale, sulla legge elettorale, su quanto fosse importante tornare al proporzionale per preservare la democrazia. Siamo entrati nel merito del referendum, ti ho spiegato nella maniera più equilibrata possibile del senato, del titolo v, dell’articolo 70. Facevi fatica a seguirmi ma poi nella tua solita, indiscutibile logica mi hai domandato: ” Non è  che cosi ci prepariamo alla dittatura, Papà?”. Ho allargato le braccia. Lucidamente ti dico di no, ma la paura è che sì, potrebbe anche avvenire. L’impalcatura riforma costituzionale- Italicum è quella. E non  mi fido di una legge elettorale approvata in tutta fretta   con tre fiducie, che non si sa se verrà cambiata dopo il 5 dicembre, e di una riforma costituzionale  varata senza una  maggioranza condivisa.

E sì, sento puzza di bruciato, e questo te lo dico solo ora. Troppa frenesia dietro questo referendum, troppo attivismo sospetto nel fronte del Si, come se qualcuno molto potente si stesse giocando sulla nostra testa il futuro per gli anni a venire.  Ma spero di sbagliarmi. Anche se, come sai, oltre a non convincermi questa riforma pasticciata, inutile, condivisibile solo in pochi punti e combattuta con forze propagandistiche vergognosamente squilibrate,  mi preoccupa di più chi la sta appoggiando, questa riforma: le banche, wall street, la grande industria. E quando entrano in campo loro c’è da aver paura.  Una paura fottuta.

Lo sai bene anche tu, dopo aver visto insieme, sul tuo lettone, proprio tre giorni fa quel capolavoro assoluto del cinema mondiale chiamato The capitalism, a Love story, di Michael Moore. Un film che, per far capire cosa sia il cinismo della finanza internazionale, dovrebbe esser proiettato obbligatoriamente nelle scuole di tutto il pianeta. E lì ti sei spaventata per davvero, perché hai potuto vedere gli effetti perversi del capitalismo, la spregiudicatezza e l’arroganza di wall street, delle banche d’affari. Ti sei addormentata agitata, quella notte, e lo capisco. No, non c’è da fidarsi. Meglio che la costituzione non venga toccata per non rischiare salti nel buio che ci farebbero tornare se non proprio al medioevo, a prima della rivoluzione francese.

Certo, votare come vota la Lega nord o Fratelli d’Italia non è il massimo per chi è un cattolico progressista, di sinistra. Non è bello votare diversamente da tanti amici del Pd, che hanno deciso legittimamente per il sì. Ma qui si vota sulla nostra amata Carta: alle elezioni  politiche ognuno andrà per la propria strada. La destra con la destra, la sinistra con la sinistra, anche se Renzi è riuscito anche in questo: a tirare in futuro   la volata alle forze reazionarie del Paese. Ma, sappi,  che questa costituzione  tanto  odiata da Jp Morgan è un’ancora di salvezza contro  qualsiasi populismo: di Renzi,  di Berlusconi, di  Grillo, di Salvini, o di un altro uomo solo al comando che riuscisse a far leva sulla pancia ignorante del Paese. Concorderai:  con risultati disastrosi, ne abbiamo avuti  già tre, in cento anni, di uomini soli al comando. Uno è ancora in carica.  Ora   basta per davvero .

Per questo, amore mio, e per tanto altro ancora, dire no alla riforma costituzionale vuol dire immaginare un domani meno grigio. Penso a te, penso a tutti i ventenni come te. Vi stiamo regalando un mondo da far schifo. Se vince il Sì nessuno ci garantisce un futuro migliore. Anzi. E comunque, tranquilla: l’altra sera mi hai chiesto allarmata se davvero la speculazione finanziaria ci ridurrà in mutande se dovesse vincere il no. No, non sarà cosi. Il sole sorgerà anche domani, amore mio. Spero solo, svegliandoci il 5 dicembre, di aver scampato il pericolo di trovarci con una spietata oligarchia dentro casa . Lo spero per te e per tutti i ventenni come te. Quasi tutti voteranno no. E qualcosa vorrà pur dire.

Ti voglio bene
Papà.

Fonte: https://alganews.wordpress.com/2016/12/03/leditoriale-lettera-a-mia-figlia-sul-referendum/

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stella_barra

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