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L’EDITORIALE. LETTERA A MIA FIGLIA SUL REFERENDUM
di Lucio Giordano
03 Dicembre 2016

Caro, immenso amore di papà,
te lo dico subito: non è questo il mondo che sognavo per te quando eri piccola, di quando cioè ti addormentavi tra le mia braccia, perché riuscivi a dormire solo con me o con la mamma, con quella canzoncina che ti piaceva tanto. Di quando ti cambiavo il pannolino e intanto ti facevo il solletico sotto le ascelle, di quando mi venisti a prendere alla stazione dopo un festival di Cannes lungo due settimane e mi corresti incontro con le manine alzate dicendomi di non partire più per così tanto tempo. No, non era questo il patto per farti vivere serena, all’alba del terzo millennio che ancora non si preannunciava così cupo.
Domani voterai per il referendum, il tuo primo voto importante. So già come voterai. O meglio, come sei intenzionata a votare. Ci sei arrivata dopo una lunga riflessione, anche se la confusione politica è tale che per una ragazza, maggiorenne da non molto, deve essere davvero complicato destreggiarsi tra articoli di riforma costituzionale oscuri e mal scritti e dopo l’ordalia di una campagna referendaria piena di incomprensibili colpi bassi.
E’ un casino, lo so, piccola mia. Giorni fa mi hai chiesto di spiegarti la politica di questi ultimi anni e ho provato a farlo, senza influenzarti troppo, perché conosci come la penso: ognuno deve ragionare con la propria testa dopo aver analizzato le cose, senza condizionamenti. E ti ho raccontato del referendum costituzionale del 46, della Dc, del Pci, dell’assassinio di Aldo Moro, di Tangentopoli, di Berlusconi. Via via fino agli ultimi 10 anni, quelli più oscuri, nei quali tutto è cambiato rapidamente. E non capivi bene, perché a scuola la storia contemporanea viene insegnata poco e male.
Gli ultimi tre anni. E lì ti girava la testa, immagino. I 5 stelle primo partito nelle politiche del 2013, ma che non governano, la coalizione Bersani Sel che vince ma non governa. E Forza Italia, Letta, l’attuale governo, il Pd che con Renzi diventa un partito di destra, appoggiato da banche, imprenditori, finanza. E che fa politiche di destra . Siamo stati 4 ore a parlare di politica. Che poi mi viene da ridere. Perché, a differenza mia, non ti ha mai appassionato troppo e anzi mi prendevi in giro quando eravamo tu ed io in casa, perché mamma non c’era più, e guardando Ballarò parlavo da solo con la tv, imprecando contro Berlusconi.
Tu, persona lineare, trasparente, con un profondo senso della giustizia, ad esempio non capivi perché a Bersani non fosse stato consentito di formare un esecutivo. Lo trovavi ingiusto. Ha vinto lui, ed era lui che doveva andare al governo. Hai ragione: logico, naturale. Poi siamo passati a parlare del referendum, dell’ Italicum e hai esclamato indignata: democrazia è quella cosa che vince chi ha ottenuto più voti, ma anche le minoranze devono essere rappresentate adeguatamente. Ed è proprio su questo che ci siamo messi a parlare più a lungo. Sulla riforma costituzionale, sulla legge elettorale, su quanto fosse importante tornare al proporzionale per preservare la democrazia. Siamo entrati nel merito del referendum, ti ho spiegato nella maniera più equilibrata possibile del senato, del titolo v, dell’articolo 70. Facevi fatica a seguirmi ma poi nella tua solita, indiscutibile logica mi hai domandato: ” Non è che cosi ci prepariamo alla dittatura, Papà?”. Ho allargato le braccia. Lucidamente ti dico di no, ma la paura è che sì, potrebbe anche avvenire. L’impalcatura riforma costituzionale- Italicum è quella. E non mi fido di una legge elettorale approvata in tutta fretta con tre fiducie, che non si sa se verrà cambiata dopo il 5 dicembre, e di una riforma costituzionale varata senza una maggioranza condivisa.
E sì, sento puzza di bruciato, e questo te lo dico solo ora. Troppa frenesia dietro questo referendum, troppo attivismo sospetto nel fronte del Si, come se qualcuno molto potente si stesse giocando sulla nostra testa il futuro per gli anni a venire. Ma spero di sbagliarmi. Anche se, come sai, oltre a non convincermi questa riforma pasticciata, inutile, condivisibile solo in pochi punti e combattuta con forze propagandistiche vergognosamente squilibrate, mi preoccupa di più chi la sta appoggiando, questa riforma: le banche, wall street, la grande industria. E quando entrano in campo loro c’è da aver paura. Una paura fottuta.
Lo sai bene anche tu, dopo aver visto insieme, sul tuo lettone, proprio tre giorni fa quel capolavoro assoluto del cinema mondiale chiamato The capitalism, a Love story, di Michael Moore. Un film che, per far capire cosa sia il cinismo della finanza internazionale, dovrebbe esser proiettato obbligatoriamente nelle scuole di tutto il pianeta. E lì ti sei spaventata per davvero, perché hai potuto vedere gli effetti perversi del capitalismo, la spregiudicatezza e l’arroganza di wall street, delle banche d’affari. Ti sei addormentata agitata, quella notte, e lo capisco. No, non c’è da fidarsi. Meglio che la costituzione non venga toccata per non rischiare salti nel buio che ci farebbero tornare se non proprio al medioevo, a prima della rivoluzione francese.
Certo, votare come vota la Lega nord o Fratelli d’Italia non è il massimo per chi è un cattolico progressista, di sinistra. Non è bello votare diversamente da tanti amici del Pd, che hanno deciso legittimamente per il sì. Ma qui si vota sulla nostra amata Carta: alle elezioni politiche ognuno andrà per la propria strada. La destra con la destra, la sinistra con la sinistra, anche se Renzi è riuscito anche in questo: a tirare in futuro la volata alle forze reazionarie del Paese. Ma, sappi, che questa costituzione tanto odiata da Jp Morgan è un’ancora di salvezza contro qualsiasi populismo: di Renzi, di Berlusconi, di Grillo, di Salvini, o di un altro uomo solo al comando che riuscisse a far leva sulla pancia ignorante del Paese. Concorderai: con risultati disastrosi, ne abbiamo avuti già tre, in cento anni, di uomini soli al comando. Uno è ancora in carica. Ora basta per davvero .
Per questo, amore mio, e per tanto altro ancora, dire no alla riforma costituzionale vuol dire immaginare un domani meno grigio. Penso a te, penso a tutti i ventenni come te. Vi stiamo regalando un mondo da far schifo. Se vince il Sì nessuno ci garantisce un futuro migliore. Anzi. E comunque, tranquilla: l’altra sera mi hai chiesto allarmata se davvero la speculazione finanziaria ci ridurrà in mutande se dovesse vincere il no. No, non sarà cosi. Il sole sorgerà anche domani, amore mio. Spero solo, svegliandoci il 5 dicembre, di aver scampato il pericolo di trovarci con una spietata oligarchia dentro casa . Lo spero per te e per tutti i ventenni come te. Quasi tutti voteranno no. E qualcosa vorrà pur dire.
Ti voglio bene
Papà.
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Io voto NO!
Ha ragione Iglesias, chi detiene il potere in questa Europa non ha rispetto per la democrazia, in Europa non c’è democrazia, questa è l’Europa del predominio di alcuni su tanti altri. Questa Europa è neonazista.
Essere Sinistra

Il segretario generale di Podemos Pablo Iglesias ha affermato che quel che è successo in Grecia – dove il governo ha finito con l’accettare un duro accordo con i creditori internazionali dopo il NO dei greci alla proposta precedente – è “la verità del potere”.
Durante la presentazionea Madriddel libro “Reti di indignazionee di speranza” del sociologoManuel Castells,Iglesiasha difeso fermamente il primo ministro greco esprimendo “disprezzo” per coloroche si chiedonoseAlexisTsipras“ha fiuto, o no” e “se si è venduto, o meno”. “I principi di Alexissonomoltochiari, mailmondoe la politicahanno a che fareconle relazioni di potere“, ha spiegato.
Dal punto di vista degli avversari, la situazione era “morte o morte”, e l’esecutivo greco ha dovuto scegliere tra “accettare un cattivo…
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Referendum Grecia: l’urlo della vittoria nella sede di Syriza tra Sel, Podemos, Sinn Fein, sinistra Pd e socialisti francesi
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di Angela Mauro
Fonte: Huffington Post
Domenica 05 Luglio 2015
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“La battaglia di Syriza è la nostra battaglia. Se perde Syriza, perdiamo tutti…”. Martina Anderson è una distinta signora irlandese, alta, bionda, europarlamentare dello Sinn Fein. C’è anche lei nel quartier generale di Syriza ad Atene con gli altri scampoli di sinistra di vari paesi europei: da Podemos, a Nichi Vendola e i suoi di Sinistra e libertà, Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre del Pd, la sinistra del partito socialista francese, Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista, l’europarlamentare portoghese della Sinistra Europea Marisa Matias, Raffaella Bolini che è Arci ma anche coalizione sociale di Maurizio Landini e c’è anche Luciana Castellina. Martina si è portata una bandierina irlandese, le piace esibirla in ogni foto con i “compagni” – qui si chiamano così – europei. E’ la sinistra frastagliata del vecchio continente, riunita ad Atene per tifare “No”, “Oxi”, al referendum indetto da Alexis Tsipras sulla crisi greca. O la va o la spacca.
Di qui passa tutto, inizia o finisce tutto, dicono a dita incrociate, mentre si aggirano per le stanze di questo palazzone a sette piani a piazza Elftheria, piazza della Libertà, manco a dirlo. “Abbiamo una responsabilità, la sentiamo addosso…”, un funzionario di Syriza sorride ma risponde anche preoccupato alle aspettative di Martina. Ma qui al quartier generale del partito del nuovo leader della sinistra Ue – Tsipras che qui non c’è, è al palazzo del governo – l’aria è positiva, mentre si chiudono le urne e alla tv scorrono gli ultimi sondaggi che non erano stati resi noti prima per non influenzare il voto. Tutti danno il ‘no’ alla Troika in vantaggio. Anche la rilevazione effettuata da tutti gli istituti demoscopici greci, tutti insieme d’accordo a dire che i greci votano no.
Siamo ad Atene, ma la sede è spartana. L’aria condizionata fa cilecca, ma nessuno se ne cura in queste stanze con le pareti un po’ bianche e un po’, naturalmente, rosse. Arrivano bibite fresche, noccioline, le squisite mandorle greche e altri generi di conforto. Si sgranocchia e ci si rinfresca come si può, gli occhi attaccati alla tv. Oltre ai sondaggi arrivano anche i primi dati parziali, dalle isole: No. Si sente un urlo di vittoria, in tutte le lingue: è perché in alcune zone il no tocca l’80 per cento. “Incredible!”, dice un francese. Siamo ad Atene e da qui, per come la mettono in tv, Sparta vacilla. La davano schierata sul sì, ma poi si riprende: no anche lì, “abbiamo ripreso Sparta!”, si urla.
Argiris Panagopoulos, esponente di Syriza molto noto in Italia tanto che parla benissimo in italiano, guarda la tv con sguardo compiaciuto. “Significa che la decisione dei falchi europei di andare allo scontro con noi ha ferito nell’orgoglio il nazionalismo greco. Ecco perché il no vince. Quella strategia non ha pagato per loro…”, ci spiega. “Scommettevano sulle scene di panico davanti alle banche chiuse: non è successo. Anche questo ha pagato in favore del no… – continua – E non è stato facile, visto che tutte le tv remavano contro di noi: Syriza non ha alcun media amico…”. E alla ‘odiata tv intanto arrivano anche le prime dichiarazioni del ministro dell’Interno greco, Nikos Voutsis: “Siamo soddisfatti, le operazioni di voto si sono svolte al meglio, pur avendo avuto solo sei giorni per organizzare il referendum…”.
Martina Anderson sorride. “E’ una lezione anche per noi…”, per l’Irlanda, uno di quei paesi piegati dalla Troika che proprio per questo hanno sempre fatto muro contro Tsipras. Non lo Sinn Fein, non Podemos in Spagna che vede rafforzarsi la speranza di vincere le prossime politiche in autunno. E anche gli italiani qui esultano per le vittorie che non hanno in patria. “Renzi venga ad Atene ad imparare due cose fondamentali: L’Europa senza democrazia semplicemente non c’è, la sinistra senza giustizia sociale è solo una bolla di sapone”, ci dice Vendola. “La prima significativa crepa si è aperta nel nuovo muro di Berlino – continua – una vittoria netta di un popolo che ha rifiutato il calvario dell’austerity e di un governo che, unico in Europa, ha saputo tenere la schiena dritta nei confronti delle oligarchie politiche e finanziarie”. E Fassina: “Ha vinto la speranza, è stata sconfitta la paura: grazie al governo Tispras e Syriza si rianima la democrazia europea. Renzi smetta di accordarsi al governo tedesco e si impegni per l’interesse nazionale dell’Italia: chieda ufficialmente di riaprire il negoziato per la Grecia”.

“Questo può essere l’atto rifondativo dell’Europa che riconcilia la democrazia con la partecipazione e il potere di scelta dei popoli”, dice il capogruppo di Sel Arturo Scotto mentre già scalpita per andare a festeggiare in piazza Syntagma. Lo segue la senatrice vendoliana Loredana De Petris: “Risultato straordinario se si pensa alle condizioni in cui si è votato e alla campagna ossessiva di tutti i media…”. D’Attorre è felice e un po’ allibito, lo ammette: “Sono venuto qui per dimostrare da che parte stare ma pensavo che il ricatto delle istituzioni europee avrebbe prevalso.. invece no: commevente”. “IL terrorismo economico della Merkel ha perso – dice Paolo Ferrero – ha vinto la democrazia dei popoli e adesso l’Ue accetti di cambiare piano e politiche uscendo dall’austerità”. E’ ora: Tsipras non passa più per la sede di Syriza, appuntamento in piazza Syntagma. Si va.
La sede è quasi deserta. Tonia Tsitsoviz del comitato centrale di Syriza sospira, esausta e contenta. “Si va in piazza – ci dice – Da quando l’ho vista pienissima di tanti no, Oxi, venerdì scorso, ho capito che avremmo vinto. Eppure, data l’età che ho, ne ho viste di piazze Syntagma piene, ho visto anche la rivolta al Politecnico contro i colonnelli…”. Era il ’73. Ma dopo quarant’anni qui avvertono ancora quello strano sapore di rivalsa che talvolta la storia offre e ripropone, seppure in salse diverse.
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Sì, vinceremo! NO, NO, NO! e ribloggo
Essere Sinistra

All’una di questa notte, Alexis Tsipras, ha diramato questo messaggio di cui presentiamo la traduzione in italiano circolante in rete.
E’ per noi la voce più alta e nobile sinora ascoltata in risposta alle folli richieste del Fondo Monetario Internazionale e le Isttuzioni europee. E vogliamo che tutti i nostri lettori ne comprendano il senso. Il senso della libertà e della democrazia. Che rinasce dalla Grecia.
La Redazione
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«Amici greci,
da sei mesi il governo greco combatte una battaglia in condizioni di soffocamento economico senza precedenti, per implementare il mandato che ci avete dato il 25 gennaio.
Il mandato che stavamo negoziando coi nostri partner chiedeva di mettere fine all’austerità e permettere alla prosperità ed alla giustizia sociale di tornare nel nostro paese.
Era un mandato per un accordo sostenibile che rispettasse la democrazia e le regoli comuni europee, per condurre all’uscita finale dalla crisi.
Durante questo periodo di…
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