Archivio per l'etichetta ‘Estate

September Song   45 comments

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“I giorni di Settembre sono qui, con dell’estate il meglio del tempo, e dell’autunno il meglio dell’allegria.” Helen Hunt Jackson

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Ella Fitzgerald

 September Song

Di: Kurt Weill, Maxwell Anderson

When I was a young man courting the girls
I played me a waiting game
If a maid refused me with tossing curls
I’d let the old Earth make a couple of whirls

While I plied her with tears in lieu of pearls
And as time came around she came my way
As time came around, she came

Oh, it’s a long, long time from May to December
But the days grow short when you reach September
When the autumn weather turns the leaves to flame
One hasn’t got time for the waiting game

Oh, the days dwindle down to a precious few
September, November
And these few precious days I’ll spend with you
These precious days I’ll spend with you

Canzone di Settembre

Quando ero giovane e corteggiavo le ragazze
Giocavo a stare in attesa
Se una ragazza mi rifiutava scuotendo il capo
Lasciavo che la terra facesse un paio di giri

Mentre l’assillavo con lacrime al posto delle perle
E col tempo lei cambiava idea e mi veniva incontro
E col tempo lei cambiava idea, lei veniva

Oh, c’è un lungo intervallo da maggio a dicembre
Ma i giorni si accorciano quando si arriva a settembre
Quando l’autunno fa diventare le foglie rossicce
Non si ha tempo per il gioco dell’attesa

Oh, I giorni si riducono a pochi e preziosi
Settembre, novembre
E questi pochi e preziosi giorni li passerò con te
Questi giorni preziosi li passerò con te

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E’ un mese magico Settembre, il cielo è più limpido, il sole illumina tutti i colori, che assumono sfumature infinite, sempre più calde e vive, dal verde intenso al giallo, all’oro, al rosso; come in una tarda primavera anche i fiori risplendono, la natura sembra assumere una vita nuova, anche se le giornate sono più corte e la sera scende presto e ci fa rientrare più in fretta tra le pareti di casa. Ma proprio qui io assaporo tranquillità e serenità, una calma dell’anima che vive intensamente ogni piccola cosa e ne gioisce. Un posto dove anche una canzone malinconica si trasforma in allegria e mi fa stare in pace col mondo intero, trasmettendomi attimi di intensa felicità. Amo la mia casa! Amo Settembre, amo la sua magia e la sua dolcezza, e il mio cuore si sazia.

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Caro amico ti scrivo e scende una lacrima … mentre ascolto “Caruso” …   10 comments

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In questa notte silenziosa di Ferragosto, in cui affiorano i ricordi di tante magiche estati della mia giovinezza, dei palcoscenici, della musica, degli spettacoli, degli artisti che per tanti anni mi hanno accompagnato, voglio salutare Lucio, che sta cantando tra le stelle del cielo, una stella luminosa sopra il mare.

Lucio per me, come per tanti, non è mai morto: è rimasto come un’ombra bassa che gira la sua Bologna, tra piazza Grande e Via Indipendenza, che naviga il suo mare che amava tanto.

A morire proprio non pensava, e chi lo fa del resto? Sembrava eterno, con quei suoi occhi da Elfo che sembravano guardarti dentro e sorridere di ciò che vedevano. Un uomo fiero, ironico, molto emiliano.

Era una giornata di sole, a Bologna, quella che accolse la notizia della morte del suo figlio più celebre: Lucio Dalla. Impensabile, inconcepibile per tutta l’Italia che amava l’uomo che aveva scritto pezzi immortali come “Caruso”, “L’anno che verrà” o ancora “4 marzo 1943”, prendere coscienza del fatto che non lo avrebbe più visto su un palcoscenico. Un artista che ha segnato in modo profondo e indelebile il nostro tempo! Un grande artista, la sua ironia e la sua genialità mancheranno sempre a tutti coloro che l’hanno conosciuto.

Lucio Dalla è stato una delle persone più libere fra quelle che hanno fatto canzoni nella nostra storia. Era libero di seguire tutti i doni che gli sono stati fatti. Prima di tutto quello di una musicalità che gli usciva da ogni poro. Bastava che posasse le mani su un pianoforte o soffiasse su un sax o un clarinetto e ne usciva subito Musica, con la emme maiuscola. Poi la sua voce che, naturalmente, era così piena di Musica che tante volte era costretto a inventare linguaggi e suoni perché la lingua italiana non gli bastava. E le parole, quando ha cominciato a scriverle, sono sempre state piene di malinconia, meraviglia, ironia, gioco, stupore. E tutto è sempre stato all’insegna di un’enorme, instancabile vitalità.

Caro Lucio, hai accompagnato tanti anni della mia vita, ti ammiravo per la tua genialità, per il tuo estro, per i tuoi eccessi e le tue pazzie, ma soprattutto per la tua arte che non conosceva recinti e riusciva a spiazzarmi e a stupirmi ad ogni nuova idea, ad ogni nuova canzone, che per me era poesia. Te ne sei andato come avresti voluto, tra un concerto appena finito ed un altro da incominciare e adesso che sei un angelo, come ci promettevi in una canzone, sono certa che stai volando libero e parli con Dio a modo tuo

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Poesie d’estate …   10 comments

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La cicala e il grido del cielo

Franco Marcoaldi
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Sei la colonna sonora dell’estate
però non ti ho mai vista in faccia.
Pratichi il mimetismo e se qualcuno
si avvicina al tuo ricovero
taci di colpo, per sottrargli traccia.
Il tuo rumore è rauco, lento,
cadenzato; quasi raspassi il sole
in un giorno ideale da bucato.
Ché appena arriva l’ombra
il tuo tamburo ammutolisce,
le lamine vibranti giacciono inerti:
il paesaggio non respira più,
grido del cielo che svanisce.
Quella sgradita sinfonia
che sgorgava dalla terra screpolata
martellando il cervello
nell’ora più accaldata,
ora mi manca. Il tuo silenzio
pare un avvertimento:
l’ombra ha trionfato sulla luce
e si riaffaccia lo sgomento.

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Pubblicato 27 luglio 2015 da mariannecraven in Poesia

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Giallo di peperoni, oscure melanzane …   28 comments

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Entro la densa lente dell’estate

 di Sergio Solmi

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Entro la densa lente dell’estate,
nel mattino disteso che già squarciano
lunghi, assonnati e sviscerati i gridi
degli ambulanti, – oh, i bei colori! Giallo
di peperoni, oscure melanzane,
insalate svarianti dal più tenero
verde all’azzurro, rosee carote…
e vesti accese delle donne, e muri
scabri e preziosi, gonfi ippocastani,
acque d’argento e di mercurio, e in alto
il cielo caldo e puro e torreggiante
di tondi cirri, o bel compatto mondo.
Lieto ne testimonia, sul pianeta
Terra, nella città Milano, mentre
vaga, di sé dimentico e di tutto,
lungo le calme vie che si ridestano,
– oggi, addì ventisette Luglio mille
novecento cinquanta – un milanese.

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Pubblicato 24 luglio 2015 da mariannecraven in Poesia

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In un giorno d’Estate …   4 comments

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Abbraccio

Carlo Bramanti

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Donami un abbraccio

sincero, luminoso
come un giorno d’Estate,

ma che sia lungo,
lungo una vita.

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Pubblicato 12 luglio 2015 da mariannecraven in Poesia

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Come uno zingaro …   2 comments

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Sere d’estate


Nelle azzurre sere d’estate, andrò per i sentieri,
punzecchiato dal grano, a pestar l’erba tenera:
trasognato sentirò la frescura sotto i piedi
e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.
Io non parlerò, non penserò più a nulla:
ma l’amore infinito mi salirà nell’anima,
e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro,
nella Natura, lieto come con una donna.

Arthur Rimbaud
“Sensazione” (1870)

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Pubblicato 11 luglio 2015 da mariannecraven in Poesia

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Una domenica d’estate   6 comments

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Alla luce del mattino, mi ricordai di quanto mi piacesse il suono del vento tra gli alberi. Mi rilassai e chiusi gli occhi, e fui confortato dal suono di un milione di piccole foglie che ballavano in una mattina d’estate.

Patrick Carman

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L’estate ha toccato con le labbra il seno della nuda terra.
E ha lasciato il segno rosso di un papavero.

Francis Thompson
  

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Il solstizio d’estate   Leave a comment

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Il 21 giugno è il solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno e l’inizio dell’estate astronomica. Vediamo di cosa si tratta.

Pronti a godervi la giornata più lunga dell’anno? Il 21 giugno è il solstizio d’estate, il giorno in cui il Sole raggiunge il punto più settentrionale (cioè più alto rispetto all’orizzonte) nella sua corsa annuale nei nostri cieli, regalandoci il massimo numero di ore di luce possibili nell’arco di una giornata. La data di oggi inoltre segna anche un altro appuntamento: l’inizio ufficiale dell’estate. Dal 22 giugno, infatti, il picco del Sole inizierà nuovamente a spostarsi sempre più a Sud, e le giornate, che fino a oggi si erano progressivamente allungate, riprenderanno invece ad accorciarsi inesorabilmente, segnando il periodo dell’anno che gli scienziati definiscono estate astronomica e che terminerà intorno al 21 dicembre con il solstizio d’inverno.

Solstizi ed equinozi sono dovuti alla traiettoria con cui il nostro pianeta orbita intorno al Sole. L’asse di rotazione della Terra e il piano dell’orbita non sono infatti perpendicolari, ma si incontrano invece con un angolo di circa 23,5 gradi, un’asimmetria che dalla Terra genera il moto apparente del Sole nei cieli durante il corso dell’anno. Nel nostro emisfero quindi, per tutto l’inverno il Sole sale ogni giorno un po’ più del precedente rispetto all’orizzonte, arrivando all’altezza massima il 21 giugno per poi iniziare la sua inesorabile discesa, che si conclude solitamente il 21 o il 22 dicembre, quando il ciclo ricomincia.

L’asse di rotazione della Terra e il piano dell’orbita non sono perpendicolari
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Nell’emisfero australe invece la situazione è rovesciata: il 20/21 giugno è il giorno più corto dell’anno, mentre il 21/22 dicembre è il più lungo. I solstizi dunque sono tutta questione di prospettiva. Se durante il solstizio d’estate vi trovaste per esempio dalle parti del Tropico del Cancro, il Sole salirebbe fino a trovarsi esattamente perpendicolare sopra la vostra testa nel momento in cui raggiunge il punto più alto nel cielo (il cosiddetto mezzogiorno astronomico). Se foste invece al Circolo Polare Artico, il Sole non tramonterebbe mai per tutta la giornata, mentre al Circolo Polare Antartico sarebbe buio per tutte le 24 ore.

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Durante il solstizio d’estate, lungo il Tropico del Cancro il Sole sale fino a essere direttamente perpendicolare ad un osservatore durante il mezzogiorno astronomico 
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Per millenni il solstizio d’estate è stato considerato un giorno speciale da moltissime civiltà del passato. Si ritiene per esempio che tra le ragioni che hanno portato alla costruzione del circolo di pietre di Stonehenge vi fosse proprio quella di rendere omaggio e studiare solstizi ed equinozi, e che l’ordinamento delle pietre sia pensato per allinearsi con il primo sole nel giorno del solstizio d’estate. Sarebbe stata proprio l’importanza che la data rivestiva per le civiltà pagane a motivare la scelta del 24 giugno come giorno di nascita di San Giovanni Battista (esattamente a sei mesi di distanza da Gesù Cristo, nato in concomitanza con il solstizio d’inverno), così da riportare le celebrazioni nell’ambito della fede cristiana.

Il solstizio, come festa di mezza estate (celebrato nei giorni che vanno dal 21 al 25) è inoltre ancora oggi una festività importante in moltissime nazioni europee, come la Svezia (dove si è pensato in passato di trasformarla ufficialmente nella festa della nazione), la Romania, la Polonia, l’Ucraina, Il Regno Unito, la Spagna, il Portogallo e la Grecia. Solo in Italia insomma del solstizio d’estate, o della festa di San Giovanni Battista che dir si voglia, ci interessa poco, visto che preferiamo festeggiare l’estate a ferragosto.

Simone Valesini
da wired.it

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La notte delle Streghe

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Solstizio d’estate, il giorno più magico dell’anno. Il giorno in cui il sole raggiunge la massima inclinazione positiva rispetto all’equatore celeste per poi riprendere il cammino all’inverso … comincia l’estate. Noi crediamo che cominci l’estate ma in realtà da qual momento in poi il sole inizia a calare per dissolversi alla fine della sua corsa verso il basso e perdersi nella brume invernali. Sarà all’altro solstizio, quello d’inverno, che il sole, raggiunto il momento di vita più breve, comincerà a crescere e le giornate ad allungarsi per lasciare il posto all’estate.. E’ ciò che avviene da sempre, è la corsa infinita e ciclica delle stagioni. In tutto il mondo, in tutte le tradizioni, in tutte le religioni il solstizio d’estate viene festeggiato, fatelo anche voi…come meglio credete, magari inventandovi un nuovo rituale o adattandone uno esistente, non sarete soli…un cospicuo numero di “neopagani” vi farà compagnia.

In corrispondenza dei due solstizi si situano presso molte civiltà le feste “cruciali” di tutto l’anno, quelle nei quali si aprono le porte che mettono in comunicazione con l’altro mondo. Accadono in questa notte eventi meravigliosi, prodigi, incontri magici come avviene nel Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare in cui realtà e sogno si confondono a tal punto da non poterli distinguere (secondo le tradizioni nordiche il 24 giugno è il giorno di mezza estate,Midsummer’s Day). La tradizione popolare racconta che in questa notte tutte le streghe e gli spiriti maligni si danno appuntamento ai crocicchi delle strade, lungo i sentieri bui e nei luoghi deserti fino all’alba. Per questo, durante la Notte di San Giovanni, bisogna andare in giro con un mazzetto di erbe odorose raccolte prima che sorga il sole poiché hanno un potere magico che scaccia i demoni e gli spiritelli maligni. In alcune regioni i mazzi di erbe di San Giovanni devono avere almeno 100 varietà diverse di piante, in altre bastano solo le nove erbe magiche consacrate a questo santo. E’ indispensabile l’Iperico, chiamato anche “Erba di San Giovanni” o “Scacciadiavoli”, un’erba ritenuta efficace contro ogni sorta di stregoneria. Servono poi erica, lavanda, ginestra, felce, verbena (simbolo di pace e di prosperità), ribes, artemisia (detta anche assenzio volgare consacrata a Diana-Artemide) e cardo. Raccolte in mazzetti queste erbe si collocano all’ingresso delle case e servono a proteggerle e se messe sotto il cuscino la notte di San Giovanni si avvererà quello che sognerete.

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Un tempo, connesso ai mazzetti di erbe era il rito della rugiada: le erbe si mettevano in un catino colmo di acqua e si esponevano all’aperto tutta la notte perché la Madonna e San Giovanni passando di là le benedicessero e facessero acquistare il massimo delle virtù benefiche alla rugiada, simbolo delle lacrime di Erodiade pentita dell’atroce gesto di avere fatto mozzare la testa di San Giovanni Battista e simbolo dell’acqua con il quale San Giovanni battezzava sulle rive del Giordano.

E prima dell’avvento del cristianesimo?

Per i babilonesi ad esempio il solstizio d’estate rappresentava il matrimonio del Sole con la Luna. La Luna, dea delle Acque e dominatrice del segno del Cancro che inizia proprio con il solstizio, viene fecondata dal Sole. Presso gli antichi greci il solstizio d’estate era considerato la “porta degli uomini” mentre il solstizio d’inverno era la “porta degli dei”. I solstizi segnavano dunque presso i greci il confine tra il mondo spazio-temporale degli uomini e l’atemporalità degli dei. Quest’ultimo è comunque un concetto comune a molti popoli.

Nella tradizione romana il custode delle porte, comprese quelle del solstizio, era il Dio Giano Bifronte (Janus, mentre lo porte in latino si chiamano Janua e per proteggere la casa si poneva una immagine del Dio Giano sulla soglia), la più antica divinità italica, Signore dell’Eternità, guardiano delle soglie e dei paesaggi, le cui feste venivano celebrate nei due solstizi. E se ai vecchi nomi ne subentrano dei nuovi come non potere pensare che al nome Giano è stato sostituito quello di Giovanni, anzi dei due Giovanni, quello Battista nel solstizio d’estate e quello Evangelista nel solstizio d’inverno?

A Roma, in età medievale c’era l’usanza di mangiare, danzare, giocare e cantare all’aperto e nelle osterie in attesa del sorgere del sole. E accanto al fuoco dalle virtù purificatrici c’era la rugiada che aveva invece virtù fecondatrici. Le giovane spose che volevano avere figli si recavano sul monte Testaccio e si sedevano sollevando le vesti sopra l’erba umida per un lavacro intimo che fosse propiziatorio, sempre nella notte del solstizio d’estate.

Una leggenda medievale che aveva demonizzato gli antichi riti misterici voleva che nel giorno del solstizio d’estate le streghe si radunassero sotto un noce gigantesco che sorgeva nei pressi di Benevento, una pianta più o meno fantastica dove si dice volassero per il famoso Sabba. Ed al noce e ai suoi frutti è molto legato questo giorno, infatti alla mezzanotte è in uso in alcune zone d’ Italia raccogliere le noci ancora nei malli verdi (27 per l’esattezza), a piedi nudi e con strumenti di legno, per poi farle macerare 49 giorni nell’alcool ed ottenere il famoso nocino. Trascorso questo tempo si strizzano i frutti e con il liquido ottenuto, al quale si aggiunge altro alcool e zucchero, si riempiono le bottiglie che si tengono all’aperto per qualche notte. Questo sciroppo è un ottimo calmante per il mal di testa e il mal di stomaco. Tuttavia l’usanza del nocino solstiziale risale ai Celti della Bretagna presso i quali il noce era un albero sacro e si diffuse nelle zone da loro occupate o che vennero in contatto con questo popolo.

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In tutte le campagne del Nord Europa l’attesa del sorgere del sole era (è) propiziata dai falò accesi sulle colline e sui monti, poiché da sempre, con il fuoco, si mettono in fuga le tenebre e con le tenebre gli spiriti maligni, le streghe e i demoni vaganti nel cielo.

Attorno ai fuochi si danzava e si cantava, e nella notte magica avvenivano prodigi. E’ appunto nei paesi nordici che si possono ammirare i fuochi più luminosi. In Svezia, Norvegia e Danimarca si preparano dei roghi giganteschi sui quali ognuno butta le cose vecchie di cui vuole disfarsi: materassi, sedie rotte, cianfrusaglie. Non andateci se avete un fidanzato o un marito molto più giovane di voi, è rischioso.

In Inghilterra, attorno al complesso megalitico di Stonehenge, ogni anno nel giorno più lungo si danno appuntamento oltre 20.000 neopagani. In quel luogo infatti le pietre sono allineate verso il punto esatto dove sorge il sole del solstizio e quindi si pensa che in quella zona ci fosse un luogo di culto legato all’evento.

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In India il giorno del solstizio d’estate i bramini, che appartengono alla casta più alta del sistema sociale induista, sono soliti cospargersi il corpo di cenere. La cenere, essendo passata dal fuoco è un elemento puro e purificante. Un tempo, quando non esisteva ancora il “Dash tornado bianco” le nostre nonne facevano il sapone di casa con la cenere, per purificare il bucato …

In Italia?

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A Torino c’è chi mette fuori dalla finestra una brocca con dell’acqua in cui è versata una chiara d’uovo. Alla mattina dalla figura s’interpreta il responso, magari amoroso. Se nel disegno si scorge una torre, è segno che si deve cambiar casa; se ci sono dei fiori, qualche positivo avvenimento fiorirà durante l’anno; le croci sono simbolo di morte; le spighe recano buone novità; due torri simboleggiano certezza assoluta di matrimonio se l’albume ricorda la forma di una pecora lo sposo sarà un pastore; un incudine indica che sarà un fabbro, una penna o un libro che sarà un uomo colto, una barca di un marinaio, una zappa di un contadino ecc.

In Liguria c’è il Paese delle Streghe, si chiama Triora e si trova vicino a Sanremo. Un tempo le fattucchiere preparavano mazzetti composti da artemisia, verbena, iberico, pelosella, timo, ruta, cerfoglio, ferola e menta selvatica. Davano i mazzetti alle persona sfortunate che li mettevano sotto il cuscino per tenere lontane le sventure…non sempre funziona, forse manca la ferola…se invece funziona probabilmente siete delle streghe!

da bed-and-breakfast.it

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Un buongiorno in poesia   3 comments

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Estate

Romana Rompato

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Calda Estate tutta d’oro,
che cos’hai nel tuo tesoro?
Pesche, fragole, susine,
spighe, e spighe senza fine,
prati verdi e biondi fieni,
lampi, tuoni, arcobaleni,
giorni lunghi, notti belle
colme di lucciole e di stelle

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Romana Rompato (1884-1955) iniziò la carriera dalla gavetta. Nata in povera famiglia numerosa, a 13 anni, quale pietoso sussidio, le fu permesso di entrare col titolo di assistente nelle scuole elementari di Schio.
Studiando da sola, nel 1904 ottenne la licenza normale e, dopo 2 anni, il diploma di abilitazione all’insegnamento elementare.
La morte di un fratello nel 1908 seguita dalla debilitazione del padre che, per un incidente sul lavoro, trascinò una vita di dolore fino a spegnersi nel 1913, sono gli eventi che affinarono la sua sensibilità, introducendola alla meditazione e allo scandaglio del sentimento per approdare a una personalissima visione della vita di cui d’allora in poi comunicò i multiformi aspetti attraverso la letteratura e la poesia.
Le furono compagni in quegli anni la povertà, la preoccupazione per la famiglia che lei, come figlia più anziana, tirava avanti aiutando la madre, la mestizia di raggiungere la trentina d’anni senza nemmeno un sogno di una famiglia propria e, infine, il sopraggiungere della prima guerra mondiale della quale sentì tutta la dolorosa tragicità e dalla quale uscì con l’animo e la mente irrobustiti e pronti alla creazione artistica più completa.
La scuola e la famiglia sono sempre sulla cima dei suoi pensieri mentre il suo sogno di donna svanisce ogni giorno di più. Solo l’arte le è compagna fedele e nell’arte si realizza ricompensandosi del povero quotidiano esistere. E’ un surrogato della vita ma la sua fede cristiana le indica che bisogna saper fiorire dove Dio ci ha seminati.
Nel dopoguerra, dopo “Le consolatrici” del 1913, è tutto un susseguirsi di attività letteraria e poetica che approderà nel 1933 alla pubblicazione del “Paese dei ricordi” che, assieme alle prose raccolte in “Terra in fiore”, rappresentano la sua maturità e fissano nel tempo la sua ispirata comunicazione.
La sua descrizione è concreta ma capace di intendere mille cose d’una realtà di antica tradizione, di una ricchezza inesauribile di nozioni e dominazioni, che si può facilmente valutare facendo il confronto con la ricorrente genericità, incapace ormai di aderire al descrivibile, se non “all’ingrosso”, oppure con troppa inerzia anche se acuta analiticità.
L’arte della Rompato fiorisce purtroppo in una stagione inclemente. Un ostacolo imprevisto al riconoscimento del suo valore la Rompato lo incontrò nella mutata situazione del tempo. Non era tanto un mutamento sul piano della cultura quanto di ciò che la politica in quel tempo chiedeva alla cultura.
D’Annunzio aveva concluso nel suo dorato romitaggio; il Futurismo si era ammosciato sconfessato dai suoi stessi adepti; resistevano Pascoli e Carducci però come autori innocui di una bella stagione; sorgevano e si imponevano nomi come ad esempio: Pirandello, Quasimodo, Ungaretti, Montale, Saba, alcuni collegati sotto il titolo di Ermetici, che si citano a proposito per indicare ciò che sovrastava anche al destino della Rompato. Per sfuggire alla retorica ufficiale c’era la scappatoia dell’ermetismo.
Per ciò si profilò allora un selezionato gruppo di una “civiltà di minoranza” che costituì non un fatto individualistico ma una cultura di non illusoria civiltà, lontano dalle velleità di grandezza e da valori che non fossero artistici. E’ un gruppo che non ha la forza di presa di altre più o meno inquadrate tendenze ma che ha dalla sua uno stile moderno con scambi europei, destinato a segnare l’autentico valore di un tempo e di una generazione. In pittura si pensi a un Morandi, a un Casorati e a pochi altri.
Anche l’arte della Rompato è adeguata alle reali possibilità del paese, destinata cioè a rappresentare un filone di quella minoranza che non aveva bisogno di lauree compiacenti per esistere. La Rompato era nella sua maturità ma con radici culturali che risalivano allo Zanella e al Pascoli e per ciò non ebbe né tentennamenti né ribellioni, continuando a creare, senza badare né ai futuristi né poi agli ermetici, su quelle fondamenta che con tante fatiche e rinunce si era create e nelle quali credeva. Ed era l’unica allora a Schio che facesse cultura, cioè qualcosa di nuovo con possibilità di sviluppo.
Da ciò si vede anche che non subì contaminazione politica e basta confrontare ciò che lei scriveva, prima e dopo la Liberazione, con gli scritti di paralleli “camaleonti”.
Ecco allora che chi oggi legge le sue prose e poesie, così prive di ardimenti formali e di tensioni nazionalistiche, allora di moda, può cadere nel trabocchetto di non scorgervi ciò che di eccezionale contengono e per ciò ritenerle ingenue e di poco valore. Bisogna valutare quel tempo e le tentazioni che si offrivano agli scrittori. In verità non c’era da scherzare con donne come quella, né sul piano del lavoro né su quello delle idee.
La Rompato era conscia del proprio valore e se ricercò consensi critici non si rivolse mai alle gerarchie politiche ma a quelle delle letteratura come, in questo dopoguerra, non cessò di chiedere umilmente qualche nota critica a chi, secondo lei, avrebbe potuto dirle che non era vissuta invano. Ma male ripose la sua fiducia perché la risposta non si sa se considerarla insensibile o invidiosa, certo non pertinente.
Negli ultimi suoi anni, ben poco potevano dirle i premi vinti nei concorsi, i titoli accademici, le varie medaglie e gli elogi meritati; le restava l’ampia schiera di ex allieve che non l’aveva mai dimenticata e non la dimenticava, riconoscente di vivere in una patria liberata e con possibilità di ripresa anche per suo merito.
Portò fino all’ultimo con dignità la sua povertà, non avendo inteso rincorrere nessuno che non fosse andato a lei per offrirle comprensione e stima. Per quelli si, la sua amicizia fu costante e sincera.

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Pubblicato 9 giugno 2015 da mariannecraven in Poesia

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Un caldo pomeriggio d’estate   Leave a comment

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Eccomi qui, in un caldo pomeriggio d’estate, nel quale tornano i ricordi d’infanzia, il calore del sole, la dolcezza delle notti estive, il profumo dei fiori di campo, grandi distese di papaveri, il fresco sapore del gelato assaporato all’ombra degli alberi in giardino. La luce più forte, tanta luce, giornate lunghissime, ore libere per giocare, stare alzati fino a tardi perché la scuola era finita. Divertimento, relax, aria aperta, mare, il fresco della sabbia bagnata sulla pelle… Ovunque si trovi, l’estate porta felicità ad un bambino, come fosse il sinonimo della libertà, e questo era per me, perché il sentirmi libera è una cosa fondamentale nella mia vita. Libertà, cosa straordinaria!

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Alla festa del sole

M.A.Scavuzzo

Alla festa del sole
son mille gli invitati:
un mare di grano biondo
e i papaveri nei prati,
le onde azzurre azzurre,
le vele bianco neve.
e, tra le verdi fronde,
la brezza lieve lieve,
i castelli di sabbia
accanto agli ombrelloni,
risate di bambini,
voli di aquiloni.

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Pubblicato 4 giugno 2015 da mariannecraven in Poesia

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