Archivio per l'etichetta ‘Bruno Tognolini

La vita è adesso, basta allungar la mano …   23 comments

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Scongiuro contro il nazismo futuro

di Bruno Tognolini

Gli abbiamo detto che la rabbia non è bene
Bisogna vincerla, bisogna fare pace
Ma che essere cattivi poi conviene
Più si grida, più si offende e più si piace
Gli abbiamo detto che bisogna andare a scuola
E che la scuola com’è non serve a niente
Gli abbiamo detto che la legge è una sola
Ma che le scappatoie sono tante
Gli abbiamo detto che tutto è intorno a loro
La vita è adesso, basta allungar la mano
Gli abbiamo detto che non c’è più lavoro
E quella mano la allungheranno invano
Gli abbiamo detto che se hai un capo griffato
Puoi baciare maschi e femmine a piacere
Gli abbiamo detto che se non sei sposato
Ci son diritti di cui non puoi godere
Gli abbiamo detto che l’aria è avvelenata
Perché tutti vanno in macchina al lavoro
Ma che la società sarà salvata
Se compreranno macchine anche loro
Gli abbiamo detto tutto, hanno capito tutto
Che il nostro mondo è splendido
Che il loro mondo è brutto
Bene: non c’è bisogno di indovini
Per sapere che arriverà il futuro
Speriamo che la rabbia dei bambini
Non ci presenti un conto troppo duro

da “Rime di rabbia”
Cinquanta invettive per le rabbie di tutti i giorni
Edizioni Salani, Marzo 2010

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Tanti auguri a tutti!
Che
il 2017 sia un anno migliore,
per noi, ma soprattutto per i “nostri figli”.

Che possiamo non perdere mai la speranza
per un futuro migliore …
e c
he un futuro possa ancora esserci!

Buon Anno!

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Filastrocca per un amico …   16 comments

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Filastrocca grande della pace piccola

di Bruno Tognolini
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Parlami, amico
Ascolta ciò che dico
Se non mi parli il cielo
Resta tagliato in due
E le parole amare, mie e tue
Poi diventano un mare
Che non sappiamo più attraversare
Ma se prima che tutto si rovini
Ci sediamo vicini
E ne parliamo insieme
Allora le parole sono un seme
Che poi diventa un albero
Che poi diventa un bosco
Dove mi riconosci, e io ti riconosco
E senti ciò che dico
Ci pensi, e se ti piace
Tu ritorni mio amico:
E questa qui è la pace.

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Pubblicato 21 agosto 2015 da mariannecraven in Diario, Filastrocche, Poesia

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Filastrocca del benvenuto a chi viene da lontano

di Bruno Tognolini

Amico sconosciuto
sappi che qui fra noi sei il benvenuto
Tu vieni da lontano
ecco la nostra mano
Hai viaggiato e sei stanco
c’e’ posto al nostro fianco
Questa e’ una terra amica
e noi ti aspettavamo, e siamo pronti
Abbiamo pane per la tua fatica
abbiamo orecchie per i tuoi racconti

Rime di riso e pianto
Le Filastrocche della Melevisione
Carlo Gallucci Editore, Novembre 2011

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Il meraviglioso mondo dei bambini   4 comments

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Rima della rabbia giusta

di Bruno Tognolini

Tu dici che la rabbia che ha ragione
È rabbia giusta e si chiama indignazione
Guardi il telegiornale
Ti arrabbi contro tutta quella gente
Ma poi cambi canale e non fai niente
Io la mia rabbia giusta
Voglio tenerla in cuore
Io voglio coltivarla come un fiore
Vedere come cresce
Cosa ne esce
Cosa fiorisce quando arriva la stagione
Vedere se diventa indignazione
E se diventa, voglio tenerla tesa
Come un’offesa
Come una brace che resta accesa in fondo
E non cambia canale
Cambia il mondo.

Da “Rime di Rabbia”
Edizioni Salani, marzo 2010

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“Ciascuno cresce solo se sognato” – Danilo Dolci   2 comments

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Macchia Mamma 

Racconto di Bruno Tognolini
per la Fondazione Polimabulanza di Brescia


Mondo Chiaro era già cominciato. Kito lo vide dal suo lettino nella Macchia Finestra.
Macchia Mamma preparava il cibo del mattino, parlando forte per svegliarlo piano.
“Tutti dicono che sono stupida, ma non è vero. Stupidi sono loro. Kito, sveglia! Io ci credo a quel viaggiatore che ha raccontato. Ci sono stranieri wazungu, lontano lontano, che hanno gioielli per gli occhi. Gioielli piccoli, tondi, scintillanti come acqua dura, che rubano e conservano la luce”.
Macchia Mamma venne a prenderlo dal lettino. Era ora di alzarsi e partire.
“Noi andremo a cercare quei wazungu e i loro gioielli. Dovessimo camminare per dieci anni”
Dopo avere mangiato partirono. Mondo Chiaro era già pieno e forte. Si avviarono verso la foresta. Kito sapeva camminare ormai, anche se, poverino, in mezzo a tutte quelle macchie che era il mondo a volte sbandava. Macchia Mamma decise che per un po’ lo avrebbe portato sulla schiena, e poi avrebbe camminato solo.
Kito girava intorno i suoi grandi occhi opachi, ballonzolando al ritmo del passo della sua forte e profumata Macchia Mamma. Ecco, pensò, ci stiamo avvicinando a Mondo Verde. Passava infatti grande sulla sua testa un Macchia Albero. Poi un altro. Poi due o tre Macchie Albero unite. E poi c’erano dentro: Mondo Verde.
Dopo due ore di cammino, Macchia Mamma lo mise giù. Ora doveva camminare. Le macchie grandi Kito le vedeva, quelle piccole no. Le sentiva coi piedi, qualche volta quand’era troppo tardi e allora cadeva. O le sentiva con le spalle, col petto, col naso, quando lo accarezzavano, lo toccavano, e quando a volte lo picchiavano, un ramo, una roccia: quelle erano macchie cattive che facevano male. Perciò Macchia Mamma aveva imparato a condurlo, tenendolo per mano. Bastava una tiratina da una parte e Kito scansava una pietra, una tiratina in giù e si chinava per evitare un ramo.
E così, cammina cammina, venne ora di mangiare al mezzogiorno. E poi di riposare, e ripartire.
Kito sentiva intorno a sé il canto della foresta: voci belle e cantanti di uccelli, voci agre e insolenti di scimmie, voci lontane di altre bestie sconosciute. Macchie strane, che Kito non aveva visto mai. Anche perché, dispettose, si vestivano col colore delle foglie, si mescolavano con le macchie della luce, con le strie delle cortecce. Non le vedevano nemmeno i grandi, figurarsi lui.
Macchia Mamma parlava, parlava, per farsi coraggio, perché ormai stava arrivano Mondo Scuro.
“Quel viaggiatore l’aveva vista bene, la donna mzungu, che metteva dentro gli occhi i suoi gioielli. Tutti dicevano che li teneva lì perché era ricca, perché erano gioielli preziosi, per non perderli e custodirli durante il giorno. Ma io non credo che sia così”
Parla parla era venuto Mondo Scuro, e Macchia Mamma aveva acceso Macchia Fuoco.
Come faceva ogni volta, Kito fissò i suoi occhi nuvolosi in quella macchia strega, diversa dalle altre, che giocava e cambiava e scaldava e rideva contenta. E anche Kito guardando rideva.
Rise un po’, poi smise e si accucciò fra le ginocchia e i gomiti di Macchia Mamma, col naso nella sua pancia, e si addormentò.
Strisciate, serpenti, nel buio. Spiate, occhi severi delle belve. Gridate lontanissimi, uccelli della notte. Kito dorme, dentro il suo Mondo Notte, e nessuno saprà mai che perfette figure minuziose, che affreschi esatti ben tracciati e tersi sanno vedere gli acuti occhi del sonno.
Poi quel sonno finì. Kito si svegliò, cercò Macchia Finestra ma non c’era.
C’era però l’odore buono del pane di manioca, che Macchia Mamma aveva preparato sulle pietre caldissime del fuoco. I due viaggiatori mangiarono e parlarono un poco. Kito chiese se erano già arrivati dove non erano arrivati mai. Certo, rispose Macchia Mamma, mezza giornata di cammino oltre. E quante altre restavano da fare? Questo non lo sapeva Macchia Mamma. E chi lo sapeva allora? Lo sapeva la Foresta, rispose la donna tirando un sospiro.
Kito si guardò intorno: Mondo Verde frusciava e odorava intorno a loro. Mondo Verde, disse il bambino, ma solo fra sé: Mondo Verde, mi raccomando.
La terza notte incontrarono un vecchio.
Aveva acceso il suo Macchia Fuoco e cucinava la carne odorosa di qualche bestiola che aveva cacciato. Il profumo del buon arrosto, dopo tre giorni di erbe crude e pane malcotto, dette il coraggio a Macchia Mamma di avvicinarsi. Dopo aver spiato dai cespugli, si convinse, o la fame la convinse, che quello straniero era un buon nonno, e si presentò. Ebbe fortuna: il vecchio era un buon nonno viaggiatore, li invitò a sedere al suo fuoco, divise la carne con loro e li interrogò.
Volle guardare gli occhi del bambino. Kito non potè vederlo, ma lo capì: vide solo un Macchia Uomo schermare Macchia Fuoco, sentì un odore di vecchio, e allora aperse bene gli occhi opachi, com’era abituato a fare, offrendoli a chi voleva guardare il loro albume.
Il vecchio volle sapere dove andavano. Macchia Mamma raccontò della straniera mzungu, la donna bianca che teneva i gioielli negli occhi. Gioielli piccoli, tondi, che brillavano come acqua dura.
“E tu cosa pensi di quei gioielli?” chiese il vecchio. “Perché li cerchi?”
“Io penso che catturano la luce. La rubano al cielo, la conservano, e la ridanno indietro dove serve. E penso che quella straniera li teneva negli occhi non per custodirli, ma perché lanciano la luce dentro i suoi occhi”
“E allora? Li cerchi per questo?”
“Sì. Se lanciano la luce negli occhi di quella mzungu, possono farlo anche negli occhi del mio bambino. Però ora non dirmi anche tu che sono stupida, che sogno e credo ai sogni. Sono stufa di sentirmelo dire”
Il vecchio sorrise coi pochi denti solitari che gli eran rimasti.
“No, donna che viaggi, non sei stupida. Se sogni, stai solo facendo bene il lavoro di mamma. Con pane e sogno si crescono i bambini. Io non lo so se esistano questi gioielli per gli occhi, ma mi hanno detto che i wazungu hanno aperto una nuova Casa Ospitale, in un posto chiamato Kiremba. Ti insegno come arrivarci. Tu domani parti da qui, vai fino al limite della foresta, e poi…”

“Questo racconto mi è stato chiesto nel giugno 2011 per un libro collettaneo, edito dalla Fondazione Poliambulanza di Brescia per una sua missione sanitaria in Burundi”  – Bruno Tognolini

Poliambulanza – Kiremba, andata e ritorno
Kiremba è un nome che a Brescia non ha bisogno di presentazioni. Su quella collina, nella diocesi di ‘Ngozi, negli anni ’60 è sorta una missione tutta bresciana, con una parrocchia, le scuole ed un ospedale giudicato fra i migliori di tutto il Paese. Qui operano sacerdoti bresciani, le Suore Ancelle della Carità, medici, volontari ed un’associazione, l’ASCOM di Legnago (VR), che ne segue l’organizzazione. POLIAMBULANZA CHARITATIS OPERA partecipa al funzionamento dell’ospedale con l’invio di apparecchiature, farmaci, contributi economici, ed è in procinto di varare un progetto di formazione del personale sanitario locale, mediante l’invio di medici, infermieri e tecnici.
Lotta alla cecità
Nel mondo vi sono quasi 40 milioni di ciechi assoluti e oltre 100 milioni di persone ipovedenti con gravi minorazioni visive. In Africa pochissime sono le strutture dotate di apparecchiature per fare una corretta diagnosi ed intervenire chirurgicamente ove necessario. Chi ha problemi di vista può immaginare cosa significhi passare la propria esistenza senza poter vedere correttamente. Nelle realtà rurali dove la relazione con l’ambiente e le persone sono fondamentali, non disporre del bene della vista spesso significa povertà, insicurezza, emarginazione.
L’alternanza a Kiremba (Burundi) di diverse equipe oculistiche coordinate dal Responsabile della nostra Unità ha già consentito l’effettuazione di centinaia di visite, selezionando un cospicuo numero di pazienti che sono poi stati sottoposti ad intervento chirurgico. È una piccola risposta a questo grande bisogno. L’invio di apparecchiature, l’addestramento del personale, la distribuzione di occhiali fanno parte degli obiettivi di questo ambizioso progetto.

I medici raccontano che quando arriva l’equipe per operare di cataratte i bambini, già all’alba aprendo le porte del centro vi sono centinaia e centinaia di piccoli pazienti in attesa con i loro famigliari, bambini e donne che – a piedi – sono arrivati anche da 200 km di distanza perché di villaggio in villaggio era corsa la voce che dei medici italiani operavano… 

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“Difendiamo i nostri granai”   3 comments

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Filastrocca dei tagliatori di sogni

di Bruno Tognolini

E voi tagliate
Togliete biblioteche
Per fare più patate
Potate tutti i fiori
Per far posto alle banche
Le torri dei guadagni
In queste terre stanche
State tirando giù i fari dei sogni

Ma è una pazzia
La vostra economia
Per essere salvata
Dev’essere un’economia sognata
E gli unici
Magici
Medici
Che dagli errori tragici
Ci tireranno fuori
Sono futuri economisti sognatori

Ma niente
Voi tagliate
Togliete a muso duro
I sogni sotto i piedi
E i piedi del futuro

Scritta per la manifestazione “Difendiamo i nostri granai”,
in difesa di biblioteche pubbliche, musei e siti archeologici della Sardegna, giugno 2012.
Pubblicata nel libro “Rime raminghe”, Salani Editore 2013
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Un buongiorno a testa in giù …   8 comments

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I piedi

Bruno Tognolini

Salgono i piedi per la salita,
passo per passo finché è finita.
Scendono i piedi per la discesa,
giù verso il basso
che il passo non pesa.
Piedi leggeri, passi pesanti,
lungo i sentieri
che portano avanti.
Passi di marcia rivoluzionaria:
testa per terra, piedi per aria.

da “Rimelandia”
Il giardino delle filastrocche
Mondadori Newmedia
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Pubblicato 27 giugno 2015 da mariannecraven in Filastrocche, Poesia

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Nessuno è figlio di un Dio minore …   2 comments

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Filastrocca dei figli del mondo

di Bruno Tognolini

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Tu figlio di chi sei? Son figlio di due stelle
Nel cielo ce n’è tante ma le mie son le più belle
Tu figlio di chi sei? Del sole e della luna
Non splendono mai insieme: cala l’altro e sorge una
Tu figlio di chi sei? Son figlio del villaggio
Dieci madri, venti padri, cento cuori di coraggio
Tu figlio di chi sei? Di un grande albero solo
Ma così alto e forte che da lui io spicco il volo
Tu figlio di chi sei? Di un amore, di un viale
Di un bue e di un asinello, di un dio, di un ospedale
Il nostro nome è uomini, siamo figli e figliastri
Di altri figli degli uomini, della terra e degli astri

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 Pubblicata nel libro “Rime Raminghe”
Salani Editore 2013

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