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Buon Natale! Che la Speranza cammini sempre accanto a noi.   44 comments

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Avventura di Natale

di Jolanda Colombini Monti – Illustrazioni di Mariapia
Editrice Piccoli (Milano)

Udite l’avventura straordinaria
di Biri, un cane piccolo maltese,
che un giorno si sentì portare in aria…
Era Dicembre, addì venti del mese.

Ancora cinque giorni e poi… Natale!
Lucilla, la sua bionda padroncina,
gli disse: “Biri, tu che sei geniale,
corri a imbucare questa letterina.

E’ per Gesù Bambino. Ascolta bene,
gli ho chiesto qualcosetta anche per te,
perciò spedirla subito conviene.
Va presto e poi ritorna qui da me!”.

Biri era corso fuori sulla neve
cercando il luogo dell’impostazione;
dopo una corsettina svelta e breve
vide un gran sacco messo a penzolone.

Pendeva da una pianta tutta spoglia
ed un cartello aveva lì vicino,
fissato ai rami in luogo d’una foglia.
Diceva: “Posta per Gesù Bambino”.

Biri si sentì pieno d’allegria…
spiccò un bel salto, ma, con grande smacco,
forse a cagion d’eccesso d’energia,
finì, insieme alla lettera, nel sacco!

Provò. Tentò d’uscirne. Inutilmente!
Ad ogni salto sempre più affondava.
Passasse almeno in strada della gente!
Macché, nessuno! Biri mugolava…

E piangi, piangi, alfin s’addormentò…
E chi può dire, dopo, cosa avvenne?
Tra un cumulo di buste si svegliò
e lettere-richiesta dolci e strenne.

Seduto in un cantuccio tutto azzurro
Biri, sorpreso, intorno a sé guardava.
Tese l’orecchio. Percepì un sussurro…
C’era qualcuno che di là parlava.

“Com’è il tuo sacco per Gesù Bambino?”
“Ti dico, caro mio, che un tale peso,
da quando faccio l’Angelo Postino,
non l’ho portato mai. Ne son sorpreso!

Di là l’ho scaricato da un momento;
è stato un volo, credi, da stancare…
Di fare un altro viaggio non mi sento.
Se mi permetti vado a riposare”.

“Dispongo per trovarti un sostituto.
Anche per me, che sono il Segretario,
dovrò cercare un angelo d’aiuto.
Quest’anno c’è lavoro straordinario!”.

Biri, che quei discorsi aveva udito,
capì che in Paradiso si trovava.
Andò a girare intorno incuriosito,
qualcosa in ogni parte l’attirava.

Quanti preparativi per Natale!
Dovunque giochi, treni, trombettine…
ma la scoperta più sensazionale
la fece nel reparto bamboline.

V’erano tanti finti cagnolini
della sua stessa razza, in egual posa;
unica differenza: i collarini
ch’eran verdi mentre il suo era rosa…

Biri sostava, muto, ad ammirare
quei sosia che sembravan vivi e veri,
quando sentì un sommesso parlottare
che ritornar lo fece ai suoi pensieri.

“Qualcuno arriva” disse “Cosa faccio?
Se mi si scopre qui, sono spacciato!
Un’idea! Per togliermi d’impaccio
mi unisco ai finti Biri e tengo il fiato”.

“Vuoi prender nota, caro? Un carrozzino,
una tromba, una bambola e un treno”.
(Son gli angeli che passan lì vicino:
di Biri… non s’accorgono nemmeno!)

Lucilla, dopo aver tanto aspettato
che ritornasse il piccolo suo Biri,
col cuoricino triste ed angosciato
si vede spesso in lacrime e sospiri.

“Biri, Birino mio, perché non torni?
Qualcosa t’è accaduto certamente!”
Dalla finestra guarda tutti i giorni…
Fuori silenzio e neve solamente.

Quando un esser caro s’allontana
e notizie di lui nessuno porta,
la vita come sembra vuota e vana!
Anche se vien Natale, cosa importa?

Vigilia di Natale. Trepidanti
i bimbi di già smaniano d’attesa.
I doni sono pronti tutti quanti,
per Dario, per Maurizio, per Teresa…

Li han preparati in cielo gli angioletti
per ordine del buon Gesù Bambino.
C’è scritto chiaro dove son diretti
perché arrivare possano a destino.

Biri ha un’idea che in testa gli zampilla:
manca a Natale solamente un giorno.
Op! Un salto nel cesto di Lucilla
gli può dare certezza di ritorno!

Ma che sorpresa bella, stamattina!
Lucilla nel suo letto ancora stava
quando sentì tirar la copertina.
Era il suo Biri che la salutava.

“Biri, Birino sei tornato, e quando?
Dove sei stato, caro? Qua un bacetto!”
E il cagnolino allor scodinzolando
le fa le feste e monta sopra il letto.

Vorrebbe raccontare la bestiola
il grande viaggio, ma parlar non sa…
Oh, come è brutto non aver parola!
L’avventura un segreto rimarrà.

Fonte: http://www.filastrocche.it/contenuti/avventura-di-natale/

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Solo le persone speciali possono sentire …   79 comments

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Solo quelli che sanno ascoltare e seguire il cuore hanno la capacità di sentire e capire profondamente le altre persone. Solo chi sa fare silenzio dentro di sé e ascoltarsi, raggiunge la consapevolezza di sé stesso e del mondo intorno a sé, senza giudicarlo. Solo chi sa ascoltare le proprie emozioni e dedica tempo ad osservare ed ascoltare quelle di chi gli sta intorno, entrerà autenticamente in sintonia con gli altri e rafforzerà anche la propria intuizione.

E’ necessario che impariamo a comprendere noi stessi, prima di provare a fare altrettanto con chi ci circonda. Se abbiamo cuore, non possiamo perdere niente, dovunque andiamo. Possiamo solo trovare. Il nostro cuore conosce tutte le cose.

L’incapacità dell’uomo di comunicare è il risultato della sua incapacità di ascoltare davvero ciò che viene detto. Ascoltare in modo attivo vuol dire dedicare il proprio tempo a qualcun altro.

Chi sa ascoltare è in grado di “mettersi nei panni dell’altro”, apre cuore e mente ancor prima delle orecchie.

Chi sa ascoltare ha una maggiore sensibilità ed è per questo in grado di andare oltre ciò che viene espresso con le semplici parole.

Ascoltare l’altro è una bellissima manifestazione di rispetto; è un segnale di attenzione verso l’altro ed è il modo migliore per creare relazioni vere e durature.

Si sente con le orecchie e si ascolta con il cuore e con la mente. Saper comunicare da cuore a cuore trasforma la mente di chi ascolta e l’animo di chi parla.

Troppo spesso si cerca di affermare il proprio ego personale sugli altri … convinti di avere sempre la risposta giusta, al momento giusto e per ogni interrogativo …

Il silenzio dovrebbe essere la condizione utile e lo spazio necessario per il vero ascolto, ma troppo spesso ci fa paura. Il silenzio, invece, è pienezza, non povertà. E’ proprio quando il silenzio esteriore si crea, che si possono sentire le parole, la melodia …

Solo chi, nel silenzio, scava profondamente nel proprio cuore, può sentire le emozioni nel cuore degli altri, solo chi apre il cuore all’ascolto, e si commuove, può sentire la magia del bosco, la melodia degli alberi, il canto delle foglie d’autunno, solo chi ha capito che il silenzio e l’ascolto, a volte, valgono più di mille parole, diventa una persona “speciale”. E solo le persone “speciali” possono sentire la musica sprigionarsi dall’albero d’oro.

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L’albero che cantava

C’era una volta un albero un po’ particolare, e vi dirò subito perché: sapeva cantare! All’arrivo della primavera, dunque, al primo tepore del sole, le sue tenere foglioline cominciavano ad aprirsi e intonavano un coro che si espandeva per tutto il giardino.

Dapprima iniziavano fievolmente, poi, mano a mano che crescevano e diventavano delle robuste foglie verdi, anche le loro voci si facevano sempre più sonore e armoniose rallegrando così le giornate di quel luogo ameno.

Vicino a quest’albero canterino c’era una di quelle piante grasse con quei tremendi aculei che sembravano sempre pronti a colpire chi si avvicinava troppo. Ebbene questa pianta era l’unica nel giardino che non apprezzava per niente le canzoni di questo albero e pertanto continuava a brontolare come una pentola di fagioli. – Verrà anche l’autunno – borbottava tra sé – così questa musica smetterà -. E intanto diventava sempre più gonfia di stizza e i suoi spini sembravano pronti a schizzar via per pungere qualche malcapitato.

Verso settembre arrivò nel giardino il primo venticello portando un po’ di tremore dappertutto.

La voce delle foglie dell’albero canterino cominciò a indebolirsi. E il sole, impietosito, cercò di donare loro tutto il calore di cui era capace in quel periodo dell’anno, facendole diventare splendenti come l’oro. E così poterono continuare a gorgheggiare contente.

In ottobre passò da quelle parti un signore molto distinto assieme ad un suo amico che indossava dei vestiti un po’ larghi, aveva i capelli lunghi e amava dipingere quadri.

Giunti davanti all’albero che sapeva cantare, si fermarono estasiati dallo splendore delle foglie che il sole non smetteva di accarezzare.

– Che meraviglia! – disse il signore elegante. – Davvero splendido! – replicò il pittore.

A quei complimenti le foglie arrossirono di piacere e alcune svennero per l’emozione, cadendo  a terra.

– Domani potrai venir qui con il tuo cavalletto e con i tuoi pennelli – disse il signore elegante al pittore.

– Verrò volentieri e ti ringrazio – rispose questi.

– Ecco care – disse la pianta grassa – domani ci faranno il ritratto. Potreste almeno per un giorno smettere di cantare? –

– Smettere di cantare? Perché? – risposero le foglie – noi domani faremo del nostro meglio per regalare a quei signori gentili le nostre più belle melodie -. La pianta grassa bofonchiò rassegnata; tanto con quelle era proprio inutile discutere.

L’indomani era una giornata meravigliosa. Sullo sfondo del cielo turchese e alla luce del sole tutti gli alberi splendevano dei colori più belli e l’albero canterino spiccava fra tutti per la sua luminosità.

Arrivò il pittore con il suo cavalletto sul quale sistemò una tela bianca di media grandezza; si sedette su una panchina di fronte all’albero che cantava e, presi pennelli e tavolozza, iniziò a dipingere. Lo spettacolo era davvero mozzafiato; le foglie arrossivano sempre di più nel sentirsi così al centro dell’attenzione, e cantavano sommessamente.

Disse la pianta grassa: – meno male che oggi almeno cantate più piano e non mi rompete i timpani con i vostri strilli ! –

Alla fine della giornata il pittore regalò il quadro al suo amico che ne fu molto contento, mentre la notte abbassò le palpebre a tutti gli abitanti del giardino, che si addormentarono pacifici.

L’autunno e l’inverno avanzavano a grandi passi e il vento che li accompagnava faceva cadere le foglie di quasi tutti gli alberi. Solo la pianta grassa rimaneva imperterrita, assieme alle piante sempreverdi che sonnecchiavano silenziose.

Anche le foglie canterine caddero una ad una e, mentre si adagiavano sul terreno intorno al tronco dell’albero, continuavano a cantare piano piano, finché si addormentarono tranquille; sapevano infatti che l’albero conosceva a memoria le loro canzoni e le teneva ben custodite per la primavera successiva.

La pianta grassa, che ormai non poteva più sentirle, disse: – meno male che almeno adesso posso dormire in pace – e, distolto lo sguardo dai rami spogli dell’albero, cominciò a russare come un trombone stonato.

In una bella casa, non molto lontano dal giardino, quel signore elegante di cui abbiamo parlato poco fa, una sera invitò a cena amiche ed amici con le rispettive famiglie. E in quell’occasione mostrò loro il dipinto fatto dal suo amico all’albero dai colori splendenti.

Tutti guardarono il ritratto con ammirazione. Fra i presenti c’era anche una ragazzina che amava molto dipingere e alla vista del quadro proruppe in una esclamazione di meraviglia : – Ma è bellissimo! Quell’albero ha i colori dell’oro e sembra quasi che sprigioni una musica! -. Non si era resa conto, come noi sappiamo, di aver detto proprio la verità. E fu così che il nostro albero poté continuare a cantare felice nel quadro, in ogni stagione, ma solo le persone speciali riuscivano a sentirlo.

Fiaba di: giovigio

Fonte: https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/varie/1195-albero-cantava.html

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“Ci sono due lupi in ognuno di noi”   41 comments

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Antica favola Cherokee

“Nonno, perché gli uomini combattono?”
Il vecchio, gli occhi rivolti al sole calante, al giorno che stava perdendo la sua battaglia con la notte, parlò con voce calma.
“Ogni uomo, prima o poi, è chiamato a farlo. Per ogni uomo c’è sempre una battaglia che aspetta di essere combattuta, da vincere o da perdere. Perché lo scontro più feroce è quello che avviene fra i due lupi.”
“Quali lupi, nonno?”
“Quelli che ogni uomo porta dentro di sé.”
Il bambino non riusciva a capire.
Attese che il nonno rompesse l’attimo di silenzio che aveva lasciato cadere fra loro, forse per accendere la sua curiosità.
Infine, il vecchio che aveva dentro di sé la saggezza del tempo riprese con il suo tono calmo.
“Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, bugie, egoismo.”
Il vecchio fece di nuovo una pausa, questa volta per dargli modo di capire quello che aveva appena detto.
“E l’altro?”
“L’altro è il lupo buono. Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede.”
Il bambino rimase a pensare un istante a quello che il nonno gli aveva appena raccontato.
Poi diede voce alla sua curiosità ed al suo pensiero.
“E quale lupo vince?”
Il vecchio Cherokee si girò a guardarlo e rispose con occhi puliti.
“Quello che nutri di più.”

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Che lo si aspetti o meno … Natale arriva sempre … festeggiamo!   8 comments

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L’alberello di Natale

E. dell’Orso

Un allegro alberello di Natale
si mette all’improvviso a camminare,
afferra con il ramo un valigione
e si dirige in fretta alla stazione.
Prende un biglietto per il Monte Bianco,
poi si sdraia in cuccetta perché è stanco,
i viaggiatori che gli son vicini
gli chiedono di spegnere i lumini.
Quando arriva in montagna l’alberello
scende dal treno con valigia e ombrello.
Deve trovare presto un posticino
sul Monte Bianco, accanto a un altro pino.
– Cos’hai fatto? – gli chiedono i fratelli.
– Chi ti ha abbandonato con tutti quei gioielli? –
– Sono stati i bambini a farmi festa,
mi hanno messo una corona in testa,
ma avevo tanta, tanta nostalgia
e ho deciso di venire via.
Volevo i miei monti, le mie stelle,
le favole del vento, così belle,
volevo la vostra compagnia,
ed è per questo che son venuto via -.
– E ora, – gli chiedono gli amici
che di averlo vicino son felici,
– cosa farai con tutti quei lumini? –
– Farò luce, d’inverno, agli uccellini -.

da Filastrocche al ballo del perché – Einaudi

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Simbolo dell’oblio, del sonno, dei sensi e del cuore …   6 comments

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La leggenda del papavero

Era un giorno di primavera, le erbe si svegliarono, c’era un leggero soffio di vento, le erbe videro passare una farfalla e le chiesero :
– Ti puoi fermare un po’ con noi?
La farfalla disse:
– No! Perché non siete fiori.
Poi le erbe chiesero all’ ape:
– Vuoi stare insieme a noi?
– No! Perché non avete il nettare.
Le erbe erano tristi e con le lacrime che caddero a terra, formarono un fiore; le erbe gli chiesero:
– Vuoi vivere con noi?
– Si! – rispose.
Le erbe saltarono dalla felicità e gli fecero mille complimenti e i petali divennero rossi per l’emozione.
Da quel giorno le erbe chiamarono quel fiore Papavero.

Scritta da Matteo – 3^ Elementare

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Purtroppo non sempre la verità viene creduta …   9 comments

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Caduto dall’asino

Una favola inglese

Un giorno un brav’uomo se ne andava in groppa al suo asinello e, passando accanto a un giardino, vide un ramo che attraverso la cancellata si spenzolava sul sentiero, ed era carico di magnifiche pere. Vederle e averne voglia fu la stessa cosa. Alzandosi un po’ sulla sella, l’uomo afferrò il ramo con una mano, e con l’altra afferrò la pera più bella. Ma non fece in tempo a coglierla, perché l’asino, ombroso, chissà di che cosa si spaventò e scappò via al galoppo. Per non cascare, l’uomo dovette afferrarsi con tutte e due le mani al ramo.

Mentre se ne stava appeso a quel modo, sgambettando, accorse il giardiniere e gli gridò: – Ehi, tu, che cosa fai sul mio albero?
– Amico mio, non mi crederai: sono caduto dall’asino!
Il giardiniere non volle credere che si potesse cadere all’insù. Prese un bastone e gliene diede né tante né poche.

State attenti anche voi: c’è modo e modo di cadere dall’asino.

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Una favola per … la buona notte …   3 comments

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Le anatre e la tartaruga

Favola del Guatemala

Vivevano una volta in un lago due anatre e una tartaruga. Erano molto amiche e vivevano felici. Ma un giorno il lago cominciò a prosciugarsi e le anatre decisero di andare a vivere da un’altra parte. Andarono a salutare la tartaruga che era triste per la loro partenza.
Le anatre le proposero di andare con loro ma ad una condizione: non doveva aprire bocca per nessun motivo!
Presero un piccolo bastone e lo porsero alla tartaruga perché con la bocca vi si aggrappasse; poi tenendo col becco il bastone da una parte e dall’altra si levarono in volo.
Volavano oramai da un po’ di tempo, quando alcuni bambini che giocavano in un prato, li videro ed esclamarono:
“Guardate… una tartaruga che vola!”
“A voi che importa!” gridò la tartaruga, ma detto questo cadde di sotto nel campo.
Mentre tutta dolorante si trovava a terra pensò: “Ecco cosa succede a chi apre troppo la bocca”.

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Pensare con la propria testa … Fiabe cinesi e orientali …   Leave a comment

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Il cavallo e il fiume 

Un cavallino viveva nella stalla con la madre e non era mai uscito di casa, né si era mai allontanato dal suo fianco protettivo.
Un giorno la madre gli disse: “E’ ora che tu esca e che impari a fare piccole commissioni per me. Porta questo sacchetto di grano al mulino!”
Con il sacco sulla groppa, contento di rendersi utile, il puledro si mise a galoppare verso il mulino.
Ma dopo un po’ incontrò sul suo cammino un fiume gonfio d’acqua che fluiva gorgogliando.
“Che cosa devo fare? Potrò attraversare?”
Si fermò incerto sulla riva.
Non sapeva a chi chiedere consiglio.
Si guardò intorno e vide un vecchio bue che brucava lì accanto.
Il cavallino si avvicinò e gli chiese:
“Zio, posso attraversare il fiume?”
“Certo, l’acqua non è profonda, mi arriva appena a ginocchio, vai tranquillo”.
Il cavallino si mise a galoppare verso il fiume, ma quando stava proprio sulla riva in procinto di attraversare, uno scoiattolo gli si avvicinò saltellando e gli disse tutto agitato: “Non passare, non passare! È pericoloso, rischi di annegare!”
“Ma il fiume è così profondo?” Chiese il cavallino confuso.
“Certo, un amico ieri è annegato” raccontò lo scoiattolo con voce mesta.
Il cavallino non sapeva più a chi credere e decise di tornare a casa per chiedere consiglio alla madre.
“Sono tornato perché l’acqua è molto profonda” disse imbarazzato “non posso attraversare il fiume”.
“Sei sicuro? Io penso invece che l’acqua sia poco profonda “replicò la madre.
“E’ quello che mi ha detto il vecchio bue, ma lo scoiattolo insiste nel dire che il fiume è pericoloso e che ieri è annegato un suo amico”.
“Allora l’acqua è profonda o poco profonda? Prova a pensarci con la tua testa”.
“Veramente non ci ho pensato”.
“Figlio mio, non devi ascoltare i consigli senza riflettere con la tua testa. Puoi arrivarci da solo. Il bue è grande e grosso e pensa naturalmente che il fiume sia poco profondo, mentre lo scoiattolo è così piccolo che può annegare anche in una pozzanghera e pensa che sia molto profondo”.
Dopo aver ascoltato le parole della madre, il cavallino si mise a galoppare verso il fiume sicuro di sé.
Quando lo scoiattolo lo vide con le zampe ormai dentro il fiume gli gridò:
“Allora hai deciso di annegare?”
“Voglio provare ad attraversare”.
E il cavallino scoprì che l’acqua del fiume non era né poco profonda come aveva detto il bue, né troppo profonda come aveva detto lo scoiattolo.

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Il segreto della felicità …   7 comments

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La fata farfalla e l’orfanella

C’è una favola meravigliosa che narra di una povera orfanella che non aveva né famiglia né qualcuno che le volesse bene. Un giorno, sentendosi particolarmente triste e sola, si mise a camminare per i boschi e vide una bellissima farfalla imprigionata in un rovo. Più la farfalla si dibatteva per conquistare la libertà e più le spine si conficcavano nel suo fragile corpo. La giovane orfanella con delicatezza riuscì a liberarla.
Invece di volare via, la farfalla si tramutò in una bellissima fata. La ragazzina si sfregò gli occhi perché pensava di aver avuto una allucinazione.
“Per ricompensarti della tua straordinaria bontà”, disse la fatina buona, “esaudirò qualunque tuo desiderio”. La ragazzina si fermò un attimo a riflettere, poi disse: “Voglio essere felice!”.
La fata rispose: “Molto bene”. Si chinò su di lei e le sussurrò qualcosa in un orecchio. Poi svanì.
La ragazzina, divenuta ormai grande, appariva felice come nessun altro sulla terra. Tutti le chiedevano il segreto della sua felicità, ma lei si limitava a sorridere e rispondeva: “il segreto della mia felicità consiste nell’aver dato ascolto ad una fatina buona quando ero piccola”.
Poi divenne vecchia e quando fu in punto di morte i vicini le si fecero attorno, temendo che il segreto della felicità svanisse con lei. “Per piacere”, la pregarono, “rivelaci ciò che ti ha detto la fatina buona”.
La cortese vecchietta sorrise ed esclamò: “Mi disse che tutti, per quanto sicuri di sé, e non importa se giovani o vecchi, ricchi o poveri, hanno bisogno di me”.

Fonte: raccontidifata.com

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Una favola del Senegal   6 comments

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L’Africa

Contrariamente a quanto si è a lungo creduto, l’Africa non è un “continente senza storia”. Civiltà fiorenti, tradizioni, usanze tramandate anche tramite storie, leggende e racconti, si sono sviluppate in molte regioni (Africa occidentale, l’attuale Angola, l’attuale Zimbabwe) fin da tempi molto antichi.
Il declino di questi stati e civiltà africane è relativamente recente ed è legato all’espansione europea nel mondo a partire dalla fine del quattrocento. L’intero continente africano venne infatti impoverito e degradato da quattro secoli di tratta degli schiavi. Si calcola che gli schiavi africani deportati fra il 1500 e il 1850 in schiavitù verso le Americhe non furono meno di trenta milioni.

Nelle fiabe africane ci sono tanti spunti per comprendere la ricchezza di un continente ricco di storia, cultura e tradizioni.

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“Perché ci sono tanti idioti”

Tanto tempo fa c’erano pochissimi idioti nel mondo rispetto a oggi. Quando se ne trovava uno da qualche parte, subito era cacciato via dal villaggio. Oggi, invece, bisognerebbe cacciare via la metà del villaggio e ancora ciò non basterebbe. Ma come si spiega che ci sono in giro tanti idioti? Ecco come sono andate le cose… Un giorno tre idioti che erano stati cacciati via da un villaggio per colpa dei loro pettegolezzi, si ritrovarono ad un crocevia e dissero:
«Forse arriveremo a qualche cosa di utile se riuniremo l’intelligenza di tre teste stupide».
E proseguirono il loro cammino insieme: dopo un certo tempo, arrivarono davanti a una capanna dalla quale uscì un vecchio uomo che disse loro:
«Dove andate?».
Gli idioti alzarono le spalle e risposero:
«Dove ci porteranno le nostre gambe. Ci hanno cacciato via dal nostro villaggio per le nostre imbecillità».
Il vecchio rispose: «Allora entrate. Vi metterò alla prova».
Questo vecchio aveva tre figlie anche loro imbecilli e si dimostrò comprensivo.
L’indomani, chiese al primo idiota: «Tu, vai alla pesca!» E al secondo:
«Vai nel bosco e porta un masso legato con treccine di corde!»
Poi al terzo:
«E tu portami delle noci di cocco!»
Gli idioti presero un recipiente ciascuno, un’ascia e un bastone e si misero in strada. Il primo si fermò vicino al mare e si mise a pescare. Quando il suo recipiente fu pieno, ebbe di colpo sete; ributtò tutto il pesce in acqua e tornò a casa a bere.
Il vecchio gli domandò: «Dove sono i pesci?».
Egli rispose: «Li ho rimessi nell’acqua. Mi ha preso la sete e sono ritornato veloce a casa per bere.
Il vecchio si arrabbiò: «E non potevi bere al mare?» gli chiese.
L’idiota rispose: «Non ci ho pensato…»
Durante questo tempo, il secondo idiota che era stato nel bosco, ma si preparava a ritornare a casa, si era reso conto che non aveva corda per legare i massi. Correva a casa appunto per cercarne una.
Il vecchio si arrabbiò di nuovo: «Perché non hai legato il tuo masso con una delle corde?». Egli rispose: «Non ci ho pensato…». Il terzo idiota montò sulla palma da cocco, mostrò alle noci di cocco il suo bastone e disse: «Tu devi buttare a terra queste noci di cocco, hai capito?»
Scese e cominciò a lanciare il bastone sul cocco. Ma non fece cadere nessuna noce. Anche lui ritornò a casa a mani vuote.
E una volta ancora il vecchio si arrabbiò: «Poiché tu eri sul cocco, perché non hai colto il frutto con le mani?».
Egli rispose: «Non ci ho pensato…».
Il vecchio seppe che non avrebbe combinato niente di buono con quei tre scemi.
Gli diede in moglie le sue tre figlie e li cacciò via tutti quanti.
Gli idioti e le loro mogli costruirono una capanna e vi vissero bene e male.
Ebbero figli tanto stupidi quanto erano loro, le capanne si moltiplicarono e gli idioti si disseminarono in tutto il mondo.

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