Archivio per la categoria ‘Attualità

“La Donna è il negro del mondo … “   49 comments

***

***

“Donna”
Mia Martini ed Enzo Gragnaniello

Donne piccole come stelle
c’è qualcuno le vuole belle,
donna solo per qualche giorno
poi ti trattano come un porno.
Donne piccole e violentate,
molte quelle delle borgate
ma quegli uomini sono duri,
quelli godono come muli.

Donna come l’acqua di mare,
chi si bagna vuole anche il sole,
chi la vuole per una notte,
c’e chi invece la prende a botte.
Donna come un mazzo di fiori,
quando è sola ti fanno fuori,
donna, cosa succederà
quando a casa non tornerà?

Donna fatti saltare addosso,
in quella strada nessuno passa,
donna fatti legare al palo
e le tue mani ti fanno male.
Donna che non sente dolore
quando il freddo gli arriva al cuore,
quello ormai non ha più tempo
e se n’è andato soffiando il vento.

Donna come l’acqua di mare,
chi si bagna vuole anche il sole,
chi la vuole per una notte
c’è chi invece la prende a botte.
Donna come un mazzo di fiori,
quando è sola ti fanno fuori,
donna, cosa succederà
quando a casa non tornerà?

Donna come l’acqua di mare,
chi si bagna vuole anche il sole,
chi la vuole per una notte
c’è chi invece la prende a botte.
Donna…
Donna come un mazzo di fiori,
quando è sola ti fanno fuori,
donna, cosa succederà
quando a casa non tornerà?

***

Il testo di Gragnaniello non lascia indifferenti, da grande autore quale è, il cantautore napoletano riesce, da osservatore esterno, a raffigurare la visione femminile in determinati rapporti con un certo tipo di uomini: rapporti fatti di umiliazioni, soprusi o privi di alcuna forma di rispetto verso la donna. Da uomo, Gragnaniello osserva, quindi, l’irriguardosa superficialità con la quale alcuni uomini si avvicinano alla donna vedendola spesso solo come strumento sessuale ignorandone la dignità ed i sentimenti. Una visione affascinante quanto schietta di una determinata realtà che continua a mietere vittime ogni giorno creando gravi disordini nell’animo e nella psiche delle donne che sfortunatamente incappano in questo tipo di situazioni. Gragnaniello, per l’esecuzione di questa canzone, non poteva fare scelta migliore che affidarla alla voce raffinata e penetrante di Mia Martini che la rende un capolavoro assoluto.

Vista la rilevanza del brano, Mimì, lo reinterpreta anche in duetto con Gragnaniello regalando una perla assoluta alla storia della musica italiana. Proprio questa versione, infatti, è quella più diffusa ed apprezzata vista l’unione di due grandi artisti che viaggiano sulla stessa lunghezza d’ onda emotiva ed interpretativa.

Come racconta la stessa Mimì: “Nel brano non vi è descritto un solo tipo di donna, si parla di diverse violenze che si fanno alle donne e non solo quelle fisiche; come diceva il grande Lennon: la donna è il negro del mondo. La donna è la cattiva coscienza, è la madre; la donna è colei che deve capire, è il trait d’union, è quell’equilibrio…; la donna è la follia, la tentazione; la donna è il dubbio ma è anche la soluzione. Mi ritrovo in questo testo e lo sento perché ho subito delle violenze sia come artista che come donna.”

***

“Donna che non sente dolore … “

***

169951701-e1447109708450

***

violenza-donne-1-big-2-2

***

Emotionally victimized

***

972991_gettyimages_474210778_074848a377ee5cd81109dfccd6ffb0a2

***

219462

***

domestic-abuse

***

Lost and alone

***

violenza-donne-600x300

***

Oggi è una ricorrenza … e domani?
Non dimentichiamo!

rosa2bross2bmini2banimado1

Anche per te, Mimì,
grande artista e grande donna!

***

Transparent_Red_Roses_PNG_Clipart

***

Trick or treat? It’s Halloween!   74 comments

***

Silly Symphonies – The Skeleton Dance (1929)
Walt Disney Animation Studios

***

***

Dolcetto o scherzetto? E’ Halloween!
Dolcetto, dolcetto!

Torta morbida alla zucca

***

Torta morbida alla zucca

***

La torta morbida alla zucca è un dolce per la colazione o da servire per merenda, morbido e soffice, una torta molto semplice da preparare.

La zucca, protagonista della festa di Halloween, viene, per l’occasione, utilizzata per creare un dolce dalla consistenza sorprendente: la torta morbida alla zucca. Prima di utilizzarla nell’impasto, realizzato senza burro, la zucca viene fatta cuocere in forno e aromatizzata con un rametto di rosmarino. Un pizzico di cannella renderà la torta morbida alla zucca ancora più particolare e raffinata, mentre l’aggiunta di granella di nocciole si sposa perfettamente con la sua caratteristica di sciogliersi in bocca. Il risultato, infatti, è un dolce dalla consistenza cremosa, ideale per la colazione o per la merenda!

Ingredienti per la cottura in forno della zucca

Zucca mantovana (polpa) 500 g
Zucchero 35 g
Rosmarino 1 rametto

Ingredienti per l’impasto (per un stampo del diametro di 24 cm)

Uova medie 3
Olio di semi 150 ml
Zucchero integrale di canna 150 g
Farina 00 175 g
Farina di mandorle 75 g
Latte intero 100 ml
Lievito in polvere per dolci 16 g
Cannella in polvere 1 pizzico
Granella di nocciole 150 g

Per spolverizzare

Zucchero a velo q.b.

Come preparare la Torta morbida alla zucca

15103_torta_morbida_zucca_strip_1-3

Per preparare la torta morbida alla zucca iniziate a ricavare la polpa eliminando con un coltello affilato la parte esterna (1), poi togliete i semi (2) e affettate la zucca non troppo sottile (3).

15103_torta_morbida_seconda_strip_strip_4-6

Disponetela su una leccarda foderata con carta da forno e adagiate su ciascuna fetta qualche ago di rosmarino (4), poi cospargete con lo zucchero semolato (5), quindi cuocete in forno statico preriscaldato a 180° per 60 minuti (a 160° per circa 50 minuti se forno ventilato). Quando la zucca sarà pronta, leggermente abbrustolita e ammorbidita, eliminate i rametti di  rosmarino (6),

15103_torta_morbida_zucca_strip_7-9

poi passate la zucca cotta al setaccio per eliminare l’acqua in eccesso (7). In una ciotola a parte, rompete le uova (8) e sbattetele con uno sbattitore elettrico; unite lo zucchero di canna (9) e continuate a lavorarle perché lo zucchero si sciolga.

15103_torta_morbida_zucca_strip_10-12

In un’altra ciotolina setacciate la farina 00 e unite il lievito (10). Quindi aggiungete al composto di uova e zucchero la farina di mandorle (11), poi la farina 00 a cui avevate aggiunto il lievito (12).

15103_torta_morbida_zucca_strip_13-15

Continuate a far andare le fruste, quindi unite a filo l’olio di semi (13) e quando tutte le polveri saranno ben incorporate, aromatizzate con la cannella in polvere (14). A questo punto unite la polpa di zucca (15).

15103_torta_morbida_zucca_strip_16-18

Mescolate accuratamente, poi aggiungete il latte (16) e continuate a mescolare; unite per ultima la granella di nocciole (18)

15103_torta_morbida_zucca_strip_19-21

e amalgamatela al composto (19). Imburrate e foderate con carta da forno una tortiera del diametro di 24 cm e versate all’interno l’impasto della torta (20-21). Cuocete in forno statico preriscaldato a 180° per 40 minuti (se forno ventilato a 160° per circa 30 minuti.

15103_torta_morbida_zucca_strip_22-24

Una volta cotta, sfornatela (22) e lasciate intiepidire leggermente prima di sformarla e lasciarla raffreddare completamente (23); prima di servire potete cospargere la torta morbida alla zucca con dello zucchero a velo (24).

Conservazione
Potete conservare la torta morbida di zucca sotto una campana di vetro per 2-3 giorni. Si può congelare se avete utilizzato tutti ingredienti freschi non decongelati.

Consiglio
Per rendere la torta morbida alla zucca ancora più golosa, potete aggiungere gocce di cioccolato al posto della granella di nocciole. Potete utilizzare dello zucchero di canna grezzo in alternativa a quello integrale.

Fonte: http://ricette.giallozafferano.it/Torta-morbida-alla-zucca.html

***

cinnamon1cr2ci4z4   cinnamon1

***

Un guerriero può morire, ma non le sue idee.   17 comments

***

ches042

***

“Es mejor así, nunca debería haber sido capturado con vida.”
Estas fueron las palabras de Ernesto Che Guevara
cuando se dio cuenta de que iba a ser fusilado.

Él siempre será mi ideal y mi mito!

***

***

In occasione del 50° anniversario dell’assassinio del Comandante Ernesto Che Guevara e dei suoi compagni guerriglieri caduti in Bolivia, il ricordo della figura del Guerrigliero Eroico che, con la sua vita, le sue gesta, il suo pensiero, rimane sempre presente come esempio imprescindibile per chi lotta contro l’imperialismo e l’ingiustizia.

Domenica, 8 ottobre 1967

Il capitano dei Ranger Gary Prado stenta a credere a ciò che gli vanno dicendo. In fondo ad un vallone sperduto nella Bolivia meridionale, su una pietraia invasa dai rovi, ha davanti a sé il guerrigliero più ricercato e più temuto del continente, l’uomo che ha fatto mettere in stato d’assedio l’intero paese. Due soldati lo tengono sotto tiro.

E’ visibilmente spossato. La tuta mimetica cachi sporca, piena di fango, strappata e un giubbotto blu in pessimo stato, che copre appena una camicia a brandelli, cui resta un solo bottone.

L’aspetto di un bandito. Dal collo gli pende un altimetro. Esala un odore forte, un miscuglio acre di tabacco e sudore. Barba, baffi, capelli intrisi di polvere e arruffati gli divorano parte del volto. Ma i suoi occhi continuano a splendere sotto il basco verde scuro. “Il suo sguardo faceva impressione”, osserva Gary Prado che, al momento, finge di non dare eccessiva importanza all’incredibile rivelazione.

Sono le tre del pomeriggio di domenica 8 ottobre 1967. Ma era un’alba gelida quando un contadino era corso al villaggio di La Higuera per dare l’allarme all’esercito. Ora il sole è caldo e, a 1500 metri di altitudine, l’atmosfera limpida. Colpi di arma da fuoco risuonano in un canyon lontano. Lo scontro della quebrada del Churo dura già da quasi quattro ore. Accanito.

Tre pallottole di mitragliatrice hanno raggiunto Guevara senza metterlo in reale difficoltà. Una ha soltanto perforato il basco, l’altra ha reso inservibile la canna del fucile M-1 che gli serve da appoggio. La terza l’ha colpito al polpaccio destro, in basso. Non ha più scarpe. I piedi sono avvolti in pezze di pelle cuciti a mano in modo approssimativo.

Un filo di sangue gocciola lungo la caviglia.

“Sono Che Guevara”, ripete con voce ferma.

Il capitano scorre i molti ritratti di guerriglieri in dotazione ai Ranger. Con i suoi uomini, ha appena terminato un periodo di addestramento intensivo durato cinque mesi. Alcuni “Berretti Verdi” statunitensi, esperti in tecniche antiguerriglia, veterani del Vietnam, sono venuti appositamente dal campo di Fort Bragg e da Panama per perfezionare l’addestramento delle truppe boliviane. E lui stesso ha partecipato ai corsi di intelligence che la CIA ha riservato agli ufficiali.

I ritratti, molto rassomiglianti, sono stati eseguiti da un guerrigliero occasionale: il pittore argentino Ciro Bustos che Guevara aveva chiamato in Bolivia perché aderisse alla guerriglia. L’argentino, arrestato sei mesi prima a centocinquanta chilometri da lì, ha immediatamente raccontato tutto e anche qualcosa in più. Il suo arresto é avvenuto assieme a quello di Regis Debray, il cui processo, a Camiri, ha suscitato grande scalpore in tutto il mondo. Bustos ha tracciato con precisione i lineamenti di ciascuno dei membri della guerriglia.

Prado verifica con attenzione. Le caratteristiche protuberanze delle arcate sopraccigliari lasciano pochi dubbi. Per ulteriore conferma chiede al prigioniero di mostrare il dorso della mano sinistra, dove risalta la cicatrice. E’ il Che.

Ha catturato una leggenda…

Lunedì, 9 ottobre 1967

Appoggiato alla meglio su uno dei piccoli banchi della scuola, il Che è oramai allo stremo. E’ quasi un giorno che subisce angherie, torture, interrogatori. Sempre però i suoi aguzzini entrano baldanzosi e escono con la testa bassa. Di piegarlo o di farlo parlare non c’è verso, e spesso, è lui che mette in crisi le loro coscienze riaffermando sempre la sua dignità e il suo coraggio. A chi lo accusa o lo insulta, lui risponde con calma e fierezza, fissandoli dritto negli occhi, facendogli sentire vergogna per quello che stanno facendo, e rimorso per quanto si sono asserviti a un potere stupido e violento che li usa come dei boia contro i loro fratelli. Ha perso la calma solo una volta, di fronte a un traditore cubano che si è venduto alla CIA. Con la forza restante che aveva, gli ha dato un pugno e sputato in faccia. Poi lo hanno legato e picchiato. Dopo un ufficiale, più umano degli altri, lo ha fatto sciogliere, bere dell’acqua e gli ha offerto un sigaro. Gli ha raccontato che ha un fratello comunista, che anche lui è qui solo perché deve vivere. Da quel momento in poi lo hanno lasciato in pace, dolorante e debole per la ferita, con il petto a pezzi per l’asma.

Pensa a che fine hanno fatto i suoi compagni. Li crede quasi tutti in salvo. Non può sapere che i quatto feriti e Pablito, che ha solo ventidue anni ed è il più giovane dei guerriglieri, tra poco cadranno in un altro agguato e saranno finiti a colpi di mitra; né che un piccolo gruppetto capeggiato da Pombo è riuscito a rompere l’accerchiamento e ora marcia, soffrendo e combattendo, verso il Cile, dove saranno salvati dal futuro presidente Allende.

Gli riappaiono i volti di tutti quelli che hanno combattuto con lui e che sono caduti lungo il cammino della rivoluzione. Sono tanti, quasi tutti suoi amici.

Ricorda i mille posti del mondo che ha visto, con una sterminata umanità che ci vive, soffrendo soprusi, ingiustizie, violenza. Per questa gente si è battuto e ora sta per morire. Ha voluto dimostrare che i poveri e gli emarginati, i deboli e i diversi, hanno la fierezza di ribellarsi e la forza di vincere. Se lui non c’è riuscito ci saranno altri che continueranno. E’ pronto a morire senza alcun rimpianto. E’ una cosa normale, lo sapeva che poteva accadere questo.

Sua moglie e i suoi figli capiranno tutto questo? Le loro immagini gli toccano il cuore. I suoi bambini! Qualcuno è così piccolo che non si ricorderà di lui. Vorrebbe avere la possibilità di poterli ancora una volta stringere a sé.

Ma il dolore lo scuote, la ferita continua a perdere il sangue, la febbre a salire. Ora è quasi in delirio. Come dopo il suo sbarco a Cuba, quando credeva di essere moribondo, adesso il suo pensiero galoppa.

Ad un tratto la porta si apre e capisce che è venuta l’ora.

L’uccisione del Che, decretata in alto loco, fu affidata ad un giovane soldato, Mario Terran.

Al suo esitare il Che gli gridò “Dispara, cojudo, dispara! Cierra los ojos y dispara!” . Erano le ore 13. Ernesto Che Guevara aveva trentanove anni.

Ernesto Guevara de la Serna, il “Che”, è stato il frutto di circostanze soggettive e storiche che, intersecandosi con una personalità sensibile e complessa, sviluppata in un ambiente intellettualmente fecondo, ne hanno fatto un moderno eroe.

Fonte: http://www.siporcuba.it/tributo.htm

***

muc

***

Joan Baez

Hasta siempre Comandante Che Guevara

di Carlos Puebla

 Aprendimos a quererte
desde la histórica altura
donde el sol de tu bravura
le puso un cerco a la muerte.

Aquí se queda la clara,
la entrañable transparencia,
de tu querida presencia
Comandante Che Guevara.

 Tu mano gloriosa y fuerte
sobre la historia dispara
cuando todo Santa Clara
se despierta para verte.

Aquí se queda la clara,
la entrañable transparencia,
de tu querida presencia
Comandante Che Guevara.

 Vienes quemando la brisa
con soles de primavera
para plantar la bandera
con la luz de tu sonrisa.

 Aquí se queda la clara,
la entrañable transparencia,
de tu querida presencia
Comandante Che Guevara.

Tu amor revolucionario
te conduce a nueva empresa
donde esperan la firmeza
de tu brazo libertario.

 Aquí se queda la clara,
la entrañable transparencia,
de tu querida presencia
Comandante Che Guevara.

Seguiremos adelante
como junto a ti seguimos
y con Fidel te decimos:
hasta siempre Comandante.

Aquí se queda la clara,
la entrañable transparencia,
de tu querida presencia
Comandante Che Guevara.

***

***

Erano in tre le bestie … erano tre questi uomini di merda!   69 comments

***

violenza1

***

Erano in tre e le hanno strappato il futuro e la speranza 

di Claudia Pepe
02 Ottobre 2017
Blog Movimento Essere Sinistra – MovES

Erano in tre i maledetti che hanno violentato una ragazza di 25 anni tra sabato e domenica a Catania.

Erano in tre quando uno alla volta l’hanno stuprata, le hanno vomitato addosso il loro sperma, la loro vigliaccheria, la loro incapacità di vivere.

Erano in tre, ed erano tutti italiani questi vermi che dopo averle saccheggiato ogni angolo del suo corpo, dopo averle tappata la bocca, gli occhi e spazzato via per sempre la sua vita, l’hanno gettata in mezzo alla strada. Come un sacco d’immondizia, come il letame, come il sudiciume.

Erano italiani questi tre delinquenti che hanno rubato la vita ad una ragazza.

Erano tre questi uomini di merda che probabilmente sono sposati e fidanzati, che vanno a messa la domenica e sputano sugli immigrati. 36, 34, e 23 anni questa è l’età di questi assassini che pensavano di passare una serata nella bocca di questa ragazza.

Uno dei tre la conosceva, e dopo la discoteca le ha offerto di riaccompagnarla a casa. Lei ha accettato, mai avrebbe pensato che quella notte sarebbe stata l’ultima da ragazza spensierata, da donna libera.

È entrata in macchina ancora con le note della musica che le risuonavano nelle orecchie, era felice, stava tornando a casa.

Ma nella macchina non ha trovato l’amico che le faceva una cortesia, ma tre schifosi che si sono messi d’accordo per vomitarle addosso la loro rabbia e la loro sessualità malata.

Sono proprio quegli “uomini” che baciano la mano alla mamma, che la moglie non deve essere guardata da nessuno, e di fronte ad una ragazza che si diverte e vive la propria vita la fotografano come “puttana”, come una cosa di cui si può abusare, e prendere a calci dopo averla sommersa di escrementi.

Perché è proprio questo che sono, la feccia del nostro mondo. “Uomini che baciano il santo protettore, si inchinano davanti alla casa del boss, e poi vanno a rovesciare la loro urina su un viso che ne porterà sempre i segni.” Io come insegnante non posso fare a meno di informare i miei studenti, di allarmare le famiglie che stiamo attraversando uno dei periodi più difficili per noi donne.

Per i ragazzi, per i sogni e per delle lacrime che non finiranno mai. Io voglio ribellarmi a questo Stato che non difende le donne, acconsente con il silenzio allo sterminio di visi innocenti, che lascia uccidere nei loro respiri, visi riversi per terra.

Abbracciate ad un selciato che diverrà la loro storia.

Questa ragazza buttata su una strada, dopo essere salita sul Golgota e abbracciata la croce, è stata conficcata con chiodi che nessuno mai potrà levarle, incoronata da una corona di spine che continuerà a sanguinare per tutta la sua vita.

Dopo averle fatto bere aceto, e infilzata da lance nel costato, inchiodata da mani sporche di sacrilegio, irrisa e devastata, è stata notata da un vicino di casa, che ha lanciato l’allarme.

Cento donne in Italia, ogni anno, vengono uccise da uomini, e sono quasi sempre quelli che sostengono di amarle. È una vera e propria strage.

Ai femminicidi si aggiungono violenze quotidiane che sfuggono ai dati ma che, se non fermate in tempo, rischiano di fare altre vittime: sono infatti migliaia le donne molestate, perseguitate, aggredite, picchiate, sfregiate. Quasi 7 milioni, secondo i dati Istat, quelle che nel corso della propria vita hanno subito una forma di abuso.

Domani potrei essere io, potremo tutte essere uccise, perseguitate, violentate e scalciate su una strada come i rifiuti di una società.

Erano in tre le bestie che hanno rovinato la vita ad una ragazza, sono stati fermati certo, ma quando sconteranno la loro pena? Andranno a chiedere scusa al patrono della città, diranno che sono stati provocati, che in fondo le donne non vogliono altro che farsi tappare i buchi. Perché per loro è questa la nostra natura.

Ed io insegnante, lotterò fino al mio ultimo respiro, perché nessuno dei miei ragazzi debba scontare la morte mentre sta vivendo. Insegnerò questa poesia di Alda Merini che insegna l’amore, la vita, la tenerezza, il calore e la dolcezza.

***

goodwp-com_24827

***

“E poi fate l’amore.
Niente sesso, solo amore.
E con questo intendo i baci lenti sulla bocca,
sul collo, sulla pancia, sulla schiena,
i morsi sulle labbra, le mani intrecciate,
e occhi dentro occhi.
Intendo abbracci talmente stretti
da diventare una cosa sola,
corpi incastrati e anime in collisione,
carezze sui graffi, vestiti tolti insieme alle paure,
baci sulle debolezze,
sui segni di una vita
che fino a quel momento era stata un po’ sbagliata.
Intendo dita sui corpi, creare costellazioni,
inalare profumi, cuori che battono insieme,
respiri che viaggiano allo stesso ritmo,
e poi sorrisi,
sinceri dopo un po’ che non lo erano più.
Ecco, fate l’amore e non vergognatevene,
perché l’amore è arte, e voi i capolavori.”

A voi miei grandi ragazzi, capolavori della mia vita.

Fonte: http://www.movimentoesseresinistra.it/blog-movimento/argomenti/2017/10/02/tre-le-strappato-futuro-la-speranza/

coupenl_kisses_rose_scraps
***

Non aggiungo molto di mio, questo articolo parla anche per me, spero soltanto che parli al cuore di tante altre donne. E di tanti uomini anche, ché non sono tutti “pezzi di merda” come questi criminali! Che tutti possiamo, insieme, ribellarci e lottare contro questo stato di cose.

Non dobbiamo accettare in silenzio questa quotidiana strage di donne. Noi donne non dobbiamo dividerci perché, come afferma Claudia, “Domani potrei essere io, potremo tutte essere uccise, perseguitate, violentate e scalciate su una strada come i rifiuti di una società.”

Un abbraccio fortissimo a questa ragazza di Catania, spero che un giorno, se mai sarà possibile, riesca a trovare un po’ di serenità.

Un abbraccio e un ringraziamento a Claudia Pepe, che ha scritto questo pezzo con intensità,  partecipazione, solidarietà, condivisione e grande amore per le donne e per i suoi allievi.

Un abbraccio a tutte le donne.

***

tumblr_n3wagyoiwr1r4ueyro1_500

***

Dietro le persiane chiuse, una sofferenza silenziosa …   39 comments

La musica rubata agli dei   8 comments

***

img_3080

***

Chuck Berry: niente fu più come era stato prima

 giacomo-meingati    di Giacomo Meingati

Berry fu il solo.

Ci lascia a 90 anni, nella sua Saint Louis, che gli aveva dato i natali nel 1926, uno dei più influenti musicisti del nostro tempo.

Il nero blues vagava al ritmo della sua natura fatta di terra, e il country sfrecciava veloce come i treni che attraversano le vaste praterie americane ricolme di sole, quando Berry li unì in qualcosa di inaudito.

Così come Dio creò il primo giorno, il cielo e la terra, Berry, nel settimo in cui Dio si riposò, unì musica nera e bianca in una miscela esplosiva e creò il rock ‘n’ roll, consegnandocelo come Prometeo ci diede il fuoco, di fatto scuotendo alle fondamenta la musica e la cultura occidentali della seconda metà del XX secolo.

Berry fu il solo.

Fu di quelle inquiete e mai dome nature d’uomo, destinate a errare su questa terra seminando dinamite e stravolgendo ogni cosa al proprio passaggio.

Berry fu il solo, e Berry fu solo, per tutta la vita.

Ribelle, iroso e solitario fin da piccolo, era come se fosse tormentato da un demone che non gli dava tregua, conferendogli un temperamento geniale quanto chiuso, brillante quanto schivo e duro, che lo portò sin da giovanissimo ad assaggiare la strada e il carcere.

Fu Muddy Waters, leggendario padre del blues, a portare il giovane Berry da Chess Leonard a Chicago, convincendo il discografico a puntare su di lui.

Berry cambiò la nostra cultura in un pugno di giorni, a partire dal 21 maggio 1955, in cui in rapidissima successione, consegnò all’occidente un nuovo modo di fare musica incidendo alcune delle canzoni più influenti del nostro secolo da “Meybellene” a “Roll over Beethoven”, “Rock ‘n’ roll music” e soprattutto la sua leggendaria “Johnny B. Goode”.

Sono gli anni 50, e Prometeo furtivo è già sceso sulla terra a donare i ritmi veloci della nuova musica rubata agli dei, che come una pioggia di napalm divampa nei cuori degli adolescenti del secondo dopoguerra, sconvolgendo il costume, la morale, la cultura e la società del XX secolo.

Elvis, Jerry Lee Lewis, Little Richard, Johnny Cash sono i cavalieri di questa rumorosissima tavola rotonda, e stanno ponendo le basi per lo sviluppo di tutta la musica dagli anni 60 a oggi per come la conosciamo noi, mentre Berry, inquieto Parsifal, imperversa randagio e solitario di città in città, suonando senza band con i musicisti che trova sera dopo sera, portando le sue hit di concerto in concerto a un successo vertiginoso che non lo abbandonerà più.

La sua carriera decolla fino al 1959, anno in cui viene di nuovo imprigionato con l’accusa di aver fatto sesso con una minorenne.

Dopo la galera Berry fatica a ritrovare la vena creativa degli anni 50, ma il solco che ha tracciato nelle giovani generazioni è troppo potente per essere dimenticato, e sono proprio i suoi “figli” musicali che lo riportano in auge nei decenni successivi.

Gli antichi racconti cavallereschi affermano che Parsifal trovò il Graal proprio in virtù della sua follia e del suo errare senza meta, e il “Graal” che Berry aveva infuso nelle sue hit era talmente prodigioso da vivere di una vita propria, che avrebbe trascinato il suo autore con se in un successo destinato a durare fino ai nostri giorni.

I Rolling Stones portarono alcuni dei suoi successi come “Carol” alle nuove generazioni degli anni 60, lo stesso fecero i Beatles che iniziarono a suonare e incidere cover di Berry come “Roll over Beethoven” e “Johnny B. Goode”.

Berry non riuscirà più, fino all’anno del suo ultimo disco “Chuck” nel 1979, a esprimersi agli stessi livelli dei suoi momenti d’oro, ma le sue canzoni non smetteranno mai di essere suonate praticamente da ogni complesso rock dai primissimi anni 60 sino ai giorni nostri, in cui ragazzi nati nel 2000 ancora fanno cover di “Jhonny B. Goode” o “Roll over Beethoven”, e una star planetaria nata nel 1991 come Ed Sheeran, cita un paio di suoi versi in uno dei suoi successi più recenti.

Berry, come i grandi padri del blues, ha fatto musica fino alla fine dei suoi giorni, collaborando con gli artisti più importanti del panorama internazionale del suo tempo come Rolling Stones, Beatles, Bruce Springsteen e moltissimi, innumerevoli altri.

Tutto il mondo della musica, della cultura, dello spettacolo si unisce oggi nel ricordo di questo grandissimo che se ne va, Mick Jagger, Bruce Springsteen, lo scrittore Stephen King, Keith Richards, Lenny Kravitz e moltissimi altri hanno espresso sui social il loro rammarico per la dipartita di uno dei padri del rock ‘n’ roll e forse una delle più influenti figure culturali del XX secolo.

Fonte: https://alganews.wordpress.com/2017/03/19/chuck-berry-niente-fu-piu-come-era-stato-prima/

***

***

His mother told him “Someday you will be a man,
And you will be the leader of a big old band.
Many people coming from miles around
To hear you play your music when the sun go down
Maybe someday your name will be in lights
Saying Johnny B. Goode tonight.”

***

***

And your name will be Chuck Berry … forever!

***

Tu porco, io puttana   9 comments

***

mimosa-g

***

L’EDITORIALE. 8 MARZO: C’E’ POCO DA FESTEGGIARE SE CI SI CONTINUA A PROSTITUIRE

lucio-giordano    di Lucio Giordano

Non uno ma ben due servizi a Di Martedi’, ieri sera su la 7, hanno fatto capire che c’è ancora poco da festeggiare l’8 marzo ,per le donne. Nel primo servizio, generone romano schierato e composto da commercianti, liberi professionisti, imprenditori di chissà cosa, tutti in odore di evasione fiscale, ‘baccanavano’ in un lunedì qualunque all’interno di  una delle tante discoteche della Capitale. Fiumi di champagne e contorno di donne oggetto che, intervistate, recitavano la parte di chi sprizzava felicità da tutti i pori per il solo fatto di appartenere ad un’alta società cialtrona: poca cultura, sguardi ‘incocainati’, intelligenza sotto le scarpe  ma tanti soldi da spendere. In filigrana lo sguardo di quelle ragazze era però triste, perché se solo riesci ad attivare i  neuroni del cervello, capisci che in realtà l’uomo  sta comprando con una serata finta allegra il tuo corpo e quel pezzo di carne che hai tra le gambe. E tu donna, pur di partecipare a quel gioco mesto di happy life, sei disposta a tutto. Anche a fingere felicità , divertimento. E uno sballo a buon mercato.

Nel secondo servizio: prostituzione 2.0 a Barcellona, Spagna. In quel caso, più che lo squallore del sesso a pagamento, più di quei 1200 euro a settimana alzati  quando va bene, come diceva con enfasi una prostituta, è il sold out di quel bordello tecnologico a colpire. Clienti fuori la porta del casino. Addirittura. E per fare cosa? Per provare un piacere effimero, magari tra una riunione d’affari e l’altra. Sesso come merce di scambio, sesso come ostentazione di un laido potere maschile. Tutto molto triste, tutto molto squallido.

Ma la prostituzione è il più antico mestiere del mondo, obietterà qualcuno. E poi, non si può essere così bacchettoni. Ogni donna in fondo è libera di scegliere come offrire il proprio corpo, è libera di far fruttare quei fisici torniti e allenati da ore di palestra con la complicità della chirurgia estetica. E’ libera di fare come meglio crede. Non discuto e rispetto le eventuali obiezioni. Ma, per quanto mi riguarda, la vera arretratezza culturale è proprio quella legata ad una donna che cede ai ricatti economici di uomini maiali. Si, maiali.

Tu porco, io puttana. Un gioco vecchio come il mondo. Il gatto che si morde la coda. Perché se non ci fossero uomini maiali disposti a tirar fuori soldi per appagare  torbide depravazioni mentali  e che si perdono nella notte dei tempi, non ci sarebbero mignotte  pronte a vendere il proprio corpo. Semplicemente perché non avrebbero mercato. Non avrebbero clienti.

Giusto sottolinearlo: è una questione di indubbia arretratezza culturale. Medioevo. Né più, né meno. Svilire infatti una delle vere gioie della vita, il sesso fatto se non proprio  con amore, almeno con passione e reciproco piacere, vuol dire non aver capito cosa sia davvero la vita. E non provare l’ebbrezza di due corpi che si attraggono liberando sensualità ed erotismo, spontaneamente,  senza calcoli, vuol  dire perdersi uno dei rari momenti di felicità assoluta.

Perciò, fino a quando le donne, indubbiamente più intelligenti degli uomini, non riusciranno a spezzare le catene di questa implicita sottomissione, festeggiare l’8 marzo sarà una flaccida  parodia dell’orgoglio femminile. Già. Parità dei diritti non vuol dire  infatti andare con i gigolò, ovvio. Parità dei diritti vuol dire imporre e far accettare una visione del mondo diversa, femminile, che sicuramente è migliore di quella maschile. Parità dei diritti vuol dire vivere in  un piano di  assoluta uguaglianza economica e sociale: pagare il cinema o il ristorante una volta a testa, cucinare e rassettare casa dividendosi equamente i compiti, spaccare a metà le spese di un menage familiare , non cedere ai ricatti di datori di lavoro che   sono liberi di licenziarti appena resti incinta o che ti pagano meno solo perché sei donna.

Ripeto, fino a quando queste sacrosante rivendicazioni che il femminismo aveva fatto proprie, non torneranno in auge, ci sarà poco da festeggiare. Fino a quando la parità dei diritti e dei doveri, che nella logica delle cose dovrebbe essere scontata, non verrà per davvero acquisita, la società non potrà mai definirsi moderna. Del resto, gli uomini li conosciamo. Sono basic, dove li metti stanno. Molti di loro non ci arrivano proprio. Per mancanza di intelligenza, per pigrizia, per convenienza. Tocca alle donne dunque ritrovare il coraggio perduto ed   imporre  un indispensabile cambio di mentalità per rendere civile una società che in tutto il mondo si sta imbarbarendo. Tocca a loro rinunciare  ad utilizzare il corpo per fare carriera, tocca a loro imporre il rispetto dovuto, a uomini orchi che considerano mogli fidanzate amanti,  oggetti di loro proprietà. Perché, care donne, se aspettate i maschietti, state fresche. Invece di contare le mimose che una volta l’anno vi regalano, continuerete a piangere giovani vite spezzate dalla furia omicida di uomini senza dignità, senza gentilezza. E senza palle.

Alganews
Giovedì 08 Marzo 2017

Fonte: https://alganews.wordpress.com/2017/03/08/leditoriale-8-marzo-ce-poco-da-festeggiare-se-ci-si-continua-a-prostituire/

flores-vintage-rosas-amarillas

***

“Chi va a puttane è una montagna di merda…”   21 comments

***

10385215prostituta1

***

PRETTY WOMAN E’ SOLO UNA FAVOLA

luca-billi   di Luca Billi

Stamattina nella cronaca locale di Piacenza ha avuto una certa eco la notizia dell’arresto di alcune persone per sfruttamento della prostituzione, a causa del fatto che tra le ragazze costrette a prostituirsi ce n’è una da poco diventata madre: quella ragazza ha dovuto “lavorare” fino all’ottavo mese e sette giorni dopo aver partorito. Naturalmente sono contento che le forze dell’ordine abbiano arrestato quei delinquenti, ma mi chiedo cosa dovremmo fare agli uomini che hanno fatto sesso con quella ragazza? Non possono non essersi resi conto che era incinta, a otto mesi devono aver capito, ma non è importato loro nulla, anzi forse quella situazione li ha eccitati ancora di più.

La tratta degli esseri umani è, dopo il commercio illegale di droga e di armi, la terza voce del “fatturato” della grande criminalità internazionale. E quindi bisogna necessariamente lavorare sulla repressione del crimine. Eppure lo spaccio di droga è considerato un allarme sociale, perché tanti ragazzi sono vittime di questo mercato, mentre non c’è lo stesso allarme contro la prostituzione, forse perché i padri di quegli stessi ragazzi ne sono clienti soddisfatti. Un drogato è una persona a cui non affideremmo sicuramente i nostri risparmi, mentre non ci importa che il direttore della nostra banca vada regolarmente a puttane. Un drogato è una persona a cui non affideremmo la nostra salute, mentre non ci importa che il primario che ci ha in cura vada regolarmente a puttane. Un drogato è una persona a cui non affideremmo l’educazione dei nostri figli, mentre non ci importa che il loro professore vada regolarmente a puttane. Non ci importa neppure che i nostri politici vadano regolarmente a puttane. Forse perché anche noi andiamo regolarmente a puttane. E quindi siamo solidali, e complici.

Ormai parecchi anni fa Peppino Impastato, per combattere non tanto la mafia, quanto l’atteggiamento di complice acquiescenza dei suoi concittadini verso le persone che aderivano alle cosche, urlava: “la mafia è una montagna di merda”. Il suo grido scosse le coscienze di molti giovani, perché finalmente qualcuno diceva qualcosa che nessuno fino ad allora aveva avuto il coraggio di dire. Ecco io credo che noi dovremo cominciare a dire che chi va a puttane è una montagna di merda, o se preferite che i maschi che vanno a puttane sono pezzi di merda. Credo possiate sbizzarrirvi negli insulti: la nostra lingua lo permette.

Poi dovremo finalmente insegnare ai nostri figli, maschi – purtroppo il problema sta lì, perché sono i maschi che vanno a puttane – a vivere meglio, con maggiore consapevolezza, la propria sessualità, ovviamente nel rapporto con le altre persone. Perché è anche in questa debolezza, in questa mancanza di educazione, che si crea il bisogno di andare a puttane. In questa idea perversa che tutto si può comprare. Ma prima dobbiamo dire che andare a puttane fa schifo e che chi ci va fa schifo.

Giovedì, 23 febbraio 2017

Fonte: https://alganews.wordpress.com/2017/02/23/pretty-woman-e-sola-una-favola/

***

stella_barra

***

L’EDITORIALE. OSPEDALE DI NOLA: VOGLIONO SEMPLICEMENTE PRIVATIZZARE LA SANITA’   18 comments

***

Featured Image -- 7881

***

Io penso che quando un popolo arriva al limite si ribella. Così come quando la corda è troppo tesa e si spezza. Non credo manchi molto. Mi auguro solo che tutto non debba arrivare a verificarsi in maniera violenta, che chi osteggia queste politiche liberiste si organizzi e riesca a trovare vie pacifiche per cambiare rotta. Ma ho qualche dubbio: quando affami un animale, diventa aggressivo … e attacca!

La normalità della guerra   25 comments

***

color-smoke-png-wallpaper-3

Costruttori di pace non possiamo rimanere in silenzio

di Alex Zanotelli
Mercoledì 04 Gennaio 2017

L’anno 2016 ha visto trionfare la normalità della guerra: la Terza Guerra Mondiale a pezzetti, come la chiama papa Francesco. Una guerra spaventosa che ha il suo epicentro in Medio Oriente e ha mostrato tutta la sua ferocia, disumanità e orrore nell’assedio della città martire Aleppo in Siria. Una guerra che attraversa anche l’intera Africa da est a ovest, dalla Somalia al Sudan (Darfur e Monti Nuba), dal Sud Sudan al Centrafrica, dalla Nigeria (Nord) alla Libia, dal Mali al Gambia. Senza dimenticare i massacri in Burundi e nella Repubblica democratica del Congo (Beni). Desolanti conflitti si estendono dallo Yemen all’Afghanistan, guerre combattute con armi sempre più sofisticate e sempre più a pagarne le spese sono i civili.

Si chiede papa Francesco: «Come è possibile questo? È possibile perché dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi che sembra essere tanto importante».

È l’industria delle armi, fiorentissima oggi, a gioire di tutto questo. Secondo i dati Sipri (Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma), a livello mondiale, investiamo quasi 5 miliardi di dollari al giorno in armi. A livello italiano, secondo l’Osservatorio sulle spese militari (Mil€x), spendiamo 64 milioni di euro al giorno. L’industria italiana delle armi esporta in tutto il mondo. In questo periodo abbiamo venduto bombe all’Arabia Saudita e al Qatar, che poi le hanno date a gruppi armati legati a Al-Qaida come a Jabhat al –Nusra in Siria. E tutto questo nonostante la legge 185/90 vieti la vendita di armi a paesi in guerra e a paesi dove vengono violati i diritti umani.

L’Italia nel 2015 ha esportato armi per un valore di oltre 7 miliardi di euro in paesi in guerra o dove sono violati i diritti umani. Ma come fanno i nostri governi a parlare di legalità quando agiscono in maniera così illegale? È la grande Bugia. «La violenza esiste solo con l’aiuto della Bugia», diceva Don Berrigan, il gesuita nonviolento americano scomparso lo scorso anno.

È passato il tempo in cui i buoni possono rimanere in silenzio. E ciò che sconcerta maggiormente è il silenzio del movimento per la pace davanti a questi scenari di guerra. Non lo posso accettare. Dobbiamo scendere in piazza, urlare, gridare, protestare. Forse non riusciamo a parlare perché il movimento è frammentato. Allora mettiamoci insieme. La situazione è troppo grave. Per questo dobbiamo avere il coraggio di violare la legge, di farci arrestare, di andare in prigione. Questo sarebbe il dovere prima di tutto dei religiosi, dei preti, delle suore: sull’esempio dei fratelli Berrigan e delle suore domenicane che, negli Stati Uniti qualche decennio fa, si sono fatti anni di carcere per loro impegno contro la guerra in Vietnam e la bomba atomica.

Come cristiano mi fa ancora più male il silenzio dell’episcopato italiano e di larga parte delle comunità cristiane. Per fortuna papa Francesco parla chiaro. Nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio) afferma che «essere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza». E prosegue: «La nonviolenza praticata con decisione e coerenza ha prodotto risultati importanti. I successi ottenuti da Gandhi e Khan Abdul Ghaffar Khan nella liberazione dell’India, e da Martin Luther King contro la discriminazione razziale…».

Papa Francesco invita le comunità cristiane a imboccare la strada della nonviolenza attiva, quale percorso obbligato per i seguaci di Gesù. «Dite al mondo che non esiste più una guerra giusta. Lo dico da figlia della guerra». Così la suora domenicana irachena Nazik Matty durante il convegno su guerra e nonviolenza, promosso in Vaticano da papa Francesco.”

Papa Francesco forse presto ci regalerà un’enciclica che potrebbe mettere la parola fine alla teologia della guerra giusta e indicare la nonviolenza attiva come la strada inventata da Gesù. È la strada che le comunità cristiane devono imboccare con lo stesso coraggio che hanno avuto Gandhi, Martin Luther King, Don Berrigan, Don Milani… Ma queste comunità dovranno avere la capacità di unirsi a tutte le altre realtà nonviolente creando un grande movimento popolare per la pace. Ma per arrivare a questo dobbiamo tutti essere disposti a pagare un alto prezzo. Diceva Don Berrigan: «Noi urliamo pace, pace, ma non c’è pace. Non c’è pace perché non ci sono costruttori di pace. Non ci sono costruttori di pace perché fare pace è altrettanto costoso quanto fare guerra, almeno altrettanto esigente perché si paga con la prigione e la morte».

A tutti i costruttori di pace, l’augurio di cuore di un buon anno, carico di frutti di pace.

Fonte: http://www.nigrizia.it/notizia/costruttori-di-pace-non-possiamo-rimanere-in-silenzio/blog

party-balloons-transparent-background-free-png-images-gx2x5r-clipart819a3e86bc505f1d038cd18823db2890

***