Archivio per 5 luglio 2015
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L’omino del sonno
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C’è un omino piccino piccino
che va in giro soltanto di sera
e cammina pianino pianino
con un sacco di polvere nera.
E’ l’omino inventor del dormire
che nel lungo serale cammino
senza farsi veder né sentire
porta il sonno ad ogni bambino.
Non si sa se sia bello o sia brutto
se sia vecchio più o meno del nonno,
si sa solo che va dappertutto
e che porta passando un gran sonno.
Quando stanchi si senton gli occhietti
è perché stà passando l’omino
ed è l’ora in cui tutti i bimbetti
fan la nanna nel loro lettino.
Ed intanto l’omino di sera
continuando il suo giro pian piano
col suo sacco di polvere nera
va lontano, lontano, lontano.
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Referendum Grecia: l’urlo della vittoria nella sede di Syriza tra Sel, Podemos, Sinn Fein, sinistra Pd e socialisti francesi
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di Angela Mauro
Fonte: Huffington Post
Domenica 05 Luglio 2015
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“La battaglia di Syriza è la nostra battaglia. Se perde Syriza, perdiamo tutti…”. Martina Anderson è una distinta signora irlandese, alta, bionda, europarlamentare dello Sinn Fein. C’è anche lei nel quartier generale di Syriza ad Atene con gli altri scampoli di sinistra di vari paesi europei: da Podemos, a Nichi Vendola e i suoi di Sinistra e libertà, Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre del Pd, la sinistra del partito socialista francese, Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista, l’europarlamentare portoghese della Sinistra Europea Marisa Matias, Raffaella Bolini che è Arci ma anche coalizione sociale di Maurizio Landini e c’è anche Luciana Castellina. Martina si è portata una bandierina irlandese, le piace esibirla in ogni foto con i “compagni” – qui si chiamano così – europei. E’ la sinistra frastagliata del vecchio continente, riunita ad Atene per tifare “No”, “Oxi”, al referendum indetto da Alexis Tsipras sulla crisi greca. O la va o la spacca.
Di qui passa tutto, inizia o finisce tutto, dicono a dita incrociate, mentre si aggirano per le stanze di questo palazzone a sette piani a piazza Elftheria, piazza della Libertà, manco a dirlo. “Abbiamo una responsabilità, la sentiamo addosso…”, un funzionario di Syriza sorride ma risponde anche preoccupato alle aspettative di Martina. Ma qui al quartier generale del partito del nuovo leader della sinistra Ue – Tsipras che qui non c’è, è al palazzo del governo – l’aria è positiva, mentre si chiudono le urne e alla tv scorrono gli ultimi sondaggi che non erano stati resi noti prima per non influenzare il voto. Tutti danno il ‘no’ alla Troika in vantaggio. Anche la rilevazione effettuata da tutti gli istituti demoscopici greci, tutti insieme d’accordo a dire che i greci votano no.
Siamo ad Atene, ma la sede è spartana. L’aria condizionata fa cilecca, ma nessuno se ne cura in queste stanze con le pareti un po’ bianche e un po’, naturalmente, rosse. Arrivano bibite fresche, noccioline, le squisite mandorle greche e altri generi di conforto. Si sgranocchia e ci si rinfresca come si può, gli occhi attaccati alla tv. Oltre ai sondaggi arrivano anche i primi dati parziali, dalle isole: No. Si sente un urlo di vittoria, in tutte le lingue: è perché in alcune zone il no tocca l’80 per cento. “Incredible!”, dice un francese. Siamo ad Atene e da qui, per come la mettono in tv, Sparta vacilla. La davano schierata sul sì, ma poi si riprende: no anche lì, “abbiamo ripreso Sparta!”, si urla.
Argiris Panagopoulos, esponente di Syriza molto noto in Italia tanto che parla benissimo in italiano, guarda la tv con sguardo compiaciuto. “Significa che la decisione dei falchi europei di andare allo scontro con noi ha ferito nell’orgoglio il nazionalismo greco. Ecco perché il no vince. Quella strategia non ha pagato per loro…”, ci spiega. “Scommettevano sulle scene di panico davanti alle banche chiuse: non è successo. Anche questo ha pagato in favore del no… – continua – E non è stato facile, visto che tutte le tv remavano contro di noi: Syriza non ha alcun media amico…”. E alla ‘odiata tv intanto arrivano anche le prime dichiarazioni del ministro dell’Interno greco, Nikos Voutsis: “Siamo soddisfatti, le operazioni di voto si sono svolte al meglio, pur avendo avuto solo sei giorni per organizzare il referendum…”.
Martina Anderson sorride. “E’ una lezione anche per noi…”, per l’Irlanda, uno di quei paesi piegati dalla Troika che proprio per questo hanno sempre fatto muro contro Tsipras. Non lo Sinn Fein, non Podemos in Spagna che vede rafforzarsi la speranza di vincere le prossime politiche in autunno. E anche gli italiani qui esultano per le vittorie che non hanno in patria. “Renzi venga ad Atene ad imparare due cose fondamentali: L’Europa senza democrazia semplicemente non c’è, la sinistra senza giustizia sociale è solo una bolla di sapone”, ci dice Vendola. “La prima significativa crepa si è aperta nel nuovo muro di Berlino – continua – una vittoria netta di un popolo che ha rifiutato il calvario dell’austerity e di un governo che, unico in Europa, ha saputo tenere la schiena dritta nei confronti delle oligarchie politiche e finanziarie”. E Fassina: “Ha vinto la speranza, è stata sconfitta la paura: grazie al governo Tispras e Syriza si rianima la democrazia europea. Renzi smetta di accordarsi al governo tedesco e si impegni per l’interesse nazionale dell’Italia: chieda ufficialmente di riaprire il negoziato per la Grecia”.

“Questo può essere l’atto rifondativo dell’Europa che riconcilia la democrazia con la partecipazione e il potere di scelta dei popoli”, dice il capogruppo di Sel Arturo Scotto mentre già scalpita per andare a festeggiare in piazza Syntagma. Lo segue la senatrice vendoliana Loredana De Petris: “Risultato straordinario se si pensa alle condizioni in cui si è votato e alla campagna ossessiva di tutti i media…”. D’Attorre è felice e un po’ allibito, lo ammette: “Sono venuto qui per dimostrare da che parte stare ma pensavo che il ricatto delle istituzioni europee avrebbe prevalso.. invece no: commevente”. “IL terrorismo economico della Merkel ha perso – dice Paolo Ferrero – ha vinto la democrazia dei popoli e adesso l’Ue accetti di cambiare piano e politiche uscendo dall’austerità”. E’ ora: Tsipras non passa più per la sede di Syriza, appuntamento in piazza Syntagma. Si va.
La sede è quasi deserta. Tonia Tsitsoviz del comitato centrale di Syriza sospira, esausta e contenta. “Si va in piazza – ci dice – Da quando l’ho vista pienissima di tanti no, Oxi, venerdì scorso, ho capito che avremmo vinto. Eppure, data l’età che ho, ne ho viste di piazze Syntagma piene, ho visto anche la rivolta al Politecnico contro i colonnelli…”. Era il ’73. Ma dopo quarant’anni qui avvertono ancora quello strano sapore di rivalsa che talvolta la storia offre e ripropone, seppure in salse diverse.
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No, vogliamo essere liberi. OXI !
Essere Sinistra

di Massimo RIBAUDO
Sento quell’attesa lì. Come quando ero piccolo. E mio padre e mia madre aspettavano il NO. Perchè mio padre era divorziato e non si sono mai sposati con mia madre. E sono stati insieme trenta anni, fino alla morte di mio padre. Contro le regole imposte dalla morale cattolica, sempre.
Oggi c’è un altro nemico della libertà e della democrazia. Le regole imposte da chi si prostra al dio del mercato. Un dio falso, fatto di bilanci truccati, di business plan assurdi, di contratti capestro, di profitti senza alcun merito e capacità. Di banche che ottengono dalle speculazioni il 20% immediato e dagli investimenti il 3%, ma duraturo negli anni. Quindi, speculano.
Un dio falso che ha come comandamento unico il profitto generato da debiti impossibili da onorare, ma resi necessari dalle sue leggi, dai suoi codici mafiosi.
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“ … qualcosa che ci appartiene e che non vogliamo perdere: la democrazia.” Bellissimo pezzo, concordo con ogni parola. Democrazia, qualcuno non sa nemmeno più il significato di questa parola, la Grecia è stata la culla della democrazia, e “qualcuno”, qui, invece che sbavare e scodinzolare intorno alla Merkel, sarebbe bene che cercasse di capirne il valore. Ribloggo.
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Macchia Mamma
Racconto di Bruno Tognolini
per la Fondazione Polimabulanza di Brescia
Mondo Chiaro era già cominciato. Kito lo vide dal suo lettino nella Macchia Finestra.
Macchia Mamma preparava il cibo del mattino, parlando forte per svegliarlo piano.
“Tutti dicono che sono stupida, ma non è vero. Stupidi sono loro. Kito, sveglia! Io ci credo a quel viaggiatore che ha raccontato. Ci sono stranieri wazungu, lontano lontano, che hanno gioielli per gli occhi. Gioielli piccoli, tondi, scintillanti come acqua dura, che rubano e conservano la luce”.
Macchia Mamma venne a prenderlo dal lettino. Era ora di alzarsi e partire.
“Noi andremo a cercare quei wazungu e i loro gioielli. Dovessimo camminare per dieci anni”
Dopo avere mangiato partirono. Mondo Chiaro era già pieno e forte. Si avviarono verso la foresta. Kito sapeva camminare ormai, anche se, poverino, in mezzo a tutte quelle macchie che era il mondo a volte sbandava. Macchia Mamma decise che per un po’ lo avrebbe portato sulla schiena, e poi avrebbe camminato solo.
Kito girava intorno i suoi grandi occhi opachi, ballonzolando al ritmo del passo della sua forte e profumata Macchia Mamma. Ecco, pensò, ci stiamo avvicinando a Mondo Verde. Passava infatti grande sulla sua testa un Macchia Albero. Poi un altro. Poi due o tre Macchie Albero unite. E poi c’erano dentro: Mondo Verde.
Dopo due ore di cammino, Macchia Mamma lo mise giù. Ora doveva camminare. Le macchie grandi Kito le vedeva, quelle piccole no. Le sentiva coi piedi, qualche volta quand’era troppo tardi e allora cadeva. O le sentiva con le spalle, col petto, col naso, quando lo accarezzavano, lo toccavano, e quando a volte lo picchiavano, un ramo, una roccia: quelle erano macchie cattive che facevano male. Perciò Macchia Mamma aveva imparato a condurlo, tenendolo per mano. Bastava una tiratina da una parte e Kito scansava una pietra, una tiratina in giù e si chinava per evitare un ramo.
E così, cammina cammina, venne ora di mangiare al mezzogiorno. E poi di riposare, e ripartire.
Kito sentiva intorno a sé il canto della foresta: voci belle e cantanti di uccelli, voci agre e insolenti di scimmie, voci lontane di altre bestie sconosciute. Macchie strane, che Kito non aveva visto mai. Anche perché, dispettose, si vestivano col colore delle foglie, si mescolavano con le macchie della luce, con le strie delle cortecce. Non le vedevano nemmeno i grandi, figurarsi lui.
Macchia Mamma parlava, parlava, per farsi coraggio, perché ormai stava arrivano Mondo Scuro.
“Quel viaggiatore l’aveva vista bene, la donna mzungu, che metteva dentro gli occhi i suoi gioielli. Tutti dicevano che li teneva lì perché era ricca, perché erano gioielli preziosi, per non perderli e custodirli durante il giorno. Ma io non credo che sia così”
Parla parla era venuto Mondo Scuro, e Macchia Mamma aveva acceso Macchia Fuoco.
Come faceva ogni volta, Kito fissò i suoi occhi nuvolosi in quella macchia strega, diversa dalle altre, che giocava e cambiava e scaldava e rideva contenta. E anche Kito guardando rideva.
Rise un po’, poi smise e si accucciò fra le ginocchia e i gomiti di Macchia Mamma, col naso nella sua pancia, e si addormentò.
Strisciate, serpenti, nel buio. Spiate, occhi severi delle belve. Gridate lontanissimi, uccelli della notte. Kito dorme, dentro il suo Mondo Notte, e nessuno saprà mai che perfette figure minuziose, che affreschi esatti ben tracciati e tersi sanno vedere gli acuti occhi del sonno.
Poi quel sonno finì. Kito si svegliò, cercò Macchia Finestra ma non c’era.
C’era però l’odore buono del pane di manioca, che Macchia Mamma aveva preparato sulle pietre caldissime del fuoco. I due viaggiatori mangiarono e parlarono un poco. Kito chiese se erano già arrivati dove non erano arrivati mai. Certo, rispose Macchia Mamma, mezza giornata di cammino oltre. E quante altre restavano da fare? Questo non lo sapeva Macchia Mamma. E chi lo sapeva allora? Lo sapeva la Foresta, rispose la donna tirando un sospiro.
Kito si guardò intorno: Mondo Verde frusciava e odorava intorno a loro. Mondo Verde, disse il bambino, ma solo fra sé: Mondo Verde, mi raccomando.
La terza notte incontrarono un vecchio.
Aveva acceso il suo Macchia Fuoco e cucinava la carne odorosa di qualche bestiola che aveva cacciato. Il profumo del buon arrosto, dopo tre giorni di erbe crude e pane malcotto, dette il coraggio a Macchia Mamma di avvicinarsi. Dopo aver spiato dai cespugli, si convinse, o la fame la convinse, che quello straniero era un buon nonno, e si presentò. Ebbe fortuna: il vecchio era un buon nonno viaggiatore, li invitò a sedere al suo fuoco, divise la carne con loro e li interrogò.
Volle guardare gli occhi del bambino. Kito non potè vederlo, ma lo capì: vide solo un Macchia Uomo schermare Macchia Fuoco, sentì un odore di vecchio, e allora aperse bene gli occhi opachi, com’era abituato a fare, offrendoli a chi voleva guardare il loro albume.
Il vecchio volle sapere dove andavano. Macchia Mamma raccontò della straniera mzungu, la donna bianca che teneva i gioielli negli occhi. Gioielli piccoli, tondi, che brillavano come acqua dura.
“E tu cosa pensi di quei gioielli?” chiese il vecchio. “Perché li cerchi?”
“Io penso che catturano la luce. La rubano al cielo, la conservano, e la ridanno indietro dove serve. E penso che quella straniera li teneva negli occhi non per custodirli, ma perché lanciano la luce dentro i suoi occhi”
“E allora? Li cerchi per questo?”
“Sì. Se lanciano la luce negli occhi di quella mzungu, possono farlo anche negli occhi del mio bambino. Però ora non dirmi anche tu che sono stupida, che sogno e credo ai sogni. Sono stufa di sentirmelo dire”
Il vecchio sorrise coi pochi denti solitari che gli eran rimasti.
“No, donna che viaggi, non sei stupida. Se sogni, stai solo facendo bene il lavoro di mamma. Con pane e sogno si crescono i bambini. Io non lo so se esistano questi gioielli per gli occhi, ma mi hanno detto che i wazungu hanno aperto una nuova Casa Ospitale, in un posto chiamato Kiremba. Ti insegno come arrivarci. Tu domani parti da qui, vai fino al limite della foresta, e poi…”
“Questo racconto mi è stato chiesto nel giugno 2011 per un libro collettaneo, edito dalla Fondazione Poliambulanza di Brescia per una sua missione sanitaria in Burundi” – Bruno Tognolini

Poliambulanza – Kiremba, andata e ritorno
Kiremba è un nome che a Brescia non ha bisogno di presentazioni. Su quella collina, nella diocesi di ‘Ngozi, negli anni ’60 è sorta una missione tutta bresciana, con una parrocchia, le scuole ed un ospedale giudicato fra i migliori di tutto il Paese. Qui operano sacerdoti bresciani, le Suore Ancelle della Carità, medici, volontari ed un’associazione, l’ASCOM di Legnago (VR), che ne segue l’organizzazione. POLIAMBULANZA CHARITATIS OPERA partecipa al funzionamento dell’ospedale con l’invio di apparecchiature, farmaci, contributi economici, ed è in procinto di varare un progetto di formazione del personale sanitario locale, mediante l’invio di medici, infermieri e tecnici.
Lotta alla cecità
Nel mondo vi sono quasi 40 milioni di ciechi assoluti e oltre 100 milioni di persone ipovedenti con gravi minorazioni visive. In Africa pochissime sono le strutture dotate di apparecchiature per fare una corretta diagnosi ed intervenire chirurgicamente ove necessario. Chi ha problemi di vista può immaginare cosa significhi passare la propria esistenza senza poter vedere correttamente. Nelle realtà rurali dove la relazione con l’ambiente e le persone sono fondamentali, non disporre del bene della vista spesso significa povertà, insicurezza, emarginazione.
L’alternanza a Kiremba (Burundi) di diverse equipe oculistiche coordinate dal Responsabile della nostra Unità ha già consentito l’effettuazione di centinaia di visite, selezionando un cospicuo numero di pazienti che sono poi stati sottoposti ad intervento chirurgico. È una piccola risposta a questo grande bisogno. L’invio di apparecchiature, l’addestramento del personale, la distribuzione di occhiali fanno parte degli obiettivi di questo ambizioso progetto.
I medici raccontano che quando arriva l’equipe per operare di cataratte i bambini, già all’alba aprendo le porte del centro vi sono centinaia e centinaia di piccoli pazienti in attesa con i loro famigliari, bambini e donne che – a piedi – sono arrivati anche da 200 km di distanza perché di villaggio in villaggio era corsa la voce che dei medici italiani operavano…
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